La verità. Ovvero un pretesto, una ricerca, un grimaldello, un obiettivo, un simulacro, un alibi, un assoluto relativo, una dea polimorfa, il proseguimento del concetto di morte con altri mezzi. Qui si inanellano venti racconti brevi i cui altrettanti incipit si alternano sempre e solo con le locuzioni “In verità”, “per la verità”, “la verità”. Sarebbe forse meglio definirli venti apologhi moderni o novelle contemporanee in cui l’idea e la parola “verità” diventano in effetti delle chiavi, più o meno labili o più o meno evidenti, per dei racconti che parlano di altri temi, eterni e più particolari: la morte, l’amore in molte forme, l’eros, la solitudine, la natura, il potere, l’utopia, la ragione, il sentimento, la giustizia umana. Ma anche topos eminentemente cari a chi scrive: l’inverno, l’indulgenza, la vita coniugale, il sesso, l’odio, la fedeltà e il tradimento, il mare, la campagna, l’idiozia dell’ideologia e della coerenza come dogma, la contraddizione come stigma esistenziale. La nota biografico-esistenziale naturalmente è prevalente, bene o male camuffata dietro nom de plume o alter ego, ma il libro si snoda attraverso una serie di “quadri” che prendono spunto dai pretesti più disparati e di personaggi frutto di fantasia che danno vita a brevi storie sospese o concluse in cui vari registri tonali, posture psicologiche e atmosfere interiori si contaminano, dall’ironia al sarcasmo, dalla malinconia al nichilismo, dalla verve fantastica e grottesca al realismo cinico e visionario, dalla velata polemica alla vena pseudo-moraleggiante, dai vaghi riferimenti all’attualità all’astrattismo coloristico, dal colloquiale al metafisico, dall’abbrivio poetico alla partitura prosastica. Anche il frequente ascensore tra linguaggio alto e basso, tra l’allure letterario e il parlato quotidiano, è spia ulteriore dell’oscillazione in cui l’autore tenta di ricondurre la polverizzazione del mondo e della società ad una improbabile unità, con uno sforzo di organicità delle spinte centrifughe e frammentarie che si presentano potenti. In questi venti micro-racconti, storie, novelle, apologhi, ma, perché no, cortometraggi e atti unici, la formazione poetica dell’autore fa spesso capolino in manifestazioni variegate, ma è la voce narrativa, para-commediante, che la fa da padrone e molti gli echi rivendicati tra le letture di chi scrive: Pirandello, Landolfi, Buzzati, Manganelli, Calvino, Gadda, Borges, Dürrenmatt, Beckett, Pinter. Il modello più vicino sono i Sillabari di Parise. La sensazione che può prendere il lettore è semmai quella del racconto incompleto, sospeso. Ma può la verità (e le sue sorelle) essere definita, conchiusa e ancorata una volta per tutte? Può un libro essere mai esaustivo e definitivo?