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Libri antichi e moderni

Gallina Giacinto

Serenissima. Commedia in due atti. Epilogo omaggio a Goldoni (I fioi al pare). Atto unico.

Milano: Fratelli Treves editori, 1929.,

55,00 €

Emiliana Libreria

(Venezia, Italia)

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Dettagli

Autore
Gallina Giacinto
Editori
Milano: Fratelli Treves editori, 1929.
Soggetto
20mo secolo

Descrizione

In-16 (16) 176 (2) brossura editoriale. Piatto anteriore parzialmente staccato. Gallina Giacinto (1852-1897) nasce a Venezia nel 1852 e vi muore nel 1897. Dopo un’adolescenza sbandata e spiritualmente grama e qualche informe tentativo drammaturgico, fu attratto al teatro veneziano dai tentativi di rinascita che Angelo e Marianna Moro Lin (celebre coppia di attori) andavano da anni portando avanti. Del ’72 sono Le barufe in famegia e Una famegia in rovina. Aveva 20 anni, udì gridare al capolavoro e accolse con modestia le voci che lo salutavano continuatore di Goldoni. Quindici commedie si succedettero fino all’80, tra cui bellissime Zente refada e Mia fia. Nell’80 la sua attività subisce una lunga interruzione. Dopo 11 anni torna al teatro come direttore della compagnia comica che portava il suo nome e quello di Ferruccio Benini, che doveva divenire il suo maggiore interprete. Nel ’91 la prima celebre commedia della sua seconda maniera, Serenissima, cui seguono La famegia del santolo e La base de tuto. L’evoluzione del teatro di Gallina fu contrassegnata, nel primo febbrile periodo, dalla tendenza sempre più accentuata a cercare effetti di commozione nell’esasperazione sentimentale e nel romanticismo dei personaggi. Nei primi lavori l’influenza goldoniana è evidente, tuttavia il Gallina se ne liberò ben presto ponendosi il problema di cogliere e di rendere il pathos e la temperie piccolo borghese o popolare in cui viveva. Ritornò alle scene con un grande successo, Serenissima, che, nella rinuncia a ogni retorica seppe riprodurre, ma anche ricreare, i valori del “vero” e indagare nel quadro dei costumi il carattere e l’animo dei personaggi. Qui la personalità di Gallina usciva dal convenzionalismo per tendere alla realtà. L’entusiasmo della critica fu pari a quello delle platee più severe e vi fu chi non esitò a definirlo il più grande commediografo italiano vivente.
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