LIBROPrima edizione.Esemplare in ottimo stato (localizzati restauri professionali al perimetro della copertina, che tuttavia è completa e complessivamente bene tenuta; veniale piccola mancanza al bordo della carta 37/8, senza alcuna perdita di testo): rarissima condizione per questo tipo di pubblicazioni commerciali, stampate su carta poverissima.Libro rarissimo, «oggi praticamente introvabile» (Åkerström, p. 103): fu infatti oggetto di immediato sequestro dietro ordine preciso di un «infuriato» Benito Mussolini. «[…] il capo della polizia Arturo Bocchini, il 2 aprile del 1934, mandò un telegramma a tutti i prefetti con l’ordine di sequestrare tutte le copie del romanzo, con la motivazione che esso offendeva la dignità della razza» (ivi, p. 107). Incriminato, nello specifico, non era tanto il contenuto del romanzo, che pure presentava diversi elementi audaci, bensì la copertina; elaborazione pittorica su base fotografica a cura dell’ufficio grafico Rizzoli, essa era predisposta - come sempre nel caso di questi prodotti specificamente da edicola - per risultare shoccante quanto a soggetto e di grande impatto visivo: una ripresa a mezzobusto che occupa l’intero piatto anteriore, confinando titolo e peritesto negli angusti spazi di sfondo lasciati in intestazione, mostra un uomo dalla pelle nera perfettamente vestito all’occidentale che solleva tra le braccia una giovane donna bianca dallo sguardo rapito, un momento prima che le labbra dei due prendano a sfiorarsi; l’archetipo dell’immagine di copertina è simile a quello del film «Via col vento» (1939, tratto dal romanzo del 1936), ma con il protagonista maschile di colore. I resoconti della tarda mattinata del 2 aprile 1934, rintracciati nel ben documentato libro di Bonsaver, non lasciano dubbi al riguardo: Mussolini diede in escandescenze poiché quella copertina era «inammissibile da parte di una nazione che si avvia a creare in Africa un impero». -- Bonsaver ha inoltre dimostrato come le conseguenze di questa arrabbiatura di Mussolini siano andate ben oltre il romanzo in questione: il telegramma che intimava il sequestro di tutte le copie di «Sambadù» fu seguito poche ore dopo da un altro che ordinava alle prefetture della penisola, a decorrere dalla data, l’obbligo di procurarsi ogni giorno due copie di qualsiasi pubblicazione realizzata nel territorio, da inviarsi al ministero dell’Interno; una misura ulteriormente precisata il giorno successivo, con una circolare telegrafica firmata dal duce in persona che — con burocratizzazione tutta italica — obbligava le prefetture al ritiro di tre copie di ogni stampato (una da conservare, una da inviare alla Direzione generale di pubblica sicurezza, una per l’ufficio stampa del duce). Com’era prevedibile, «nei giorni successivi, la Direzione generale della pubblica sicurezza ricevette diversi telegrammi da varie prefetture italiane in cui si confessava l’assoluta impreparazione a un tale regime di controllo dell’editoria» (Bonsaver, p. 71-s); la norma, all’atto pratico di difficile attuazione, ebbe tuttavia un effetto notevole: come dimostra l’acceso dibattito sviluppatosi sui giornali nell’aprile ’34, infatti, senza esplicitamente dichiararlo si era introdotta una forma di censura preventiva, poiché da quel momento in poi gli editori si premurarono di avere un informale nulla osta da parte dell’ufficio stampa di Mussolini prima di dare alle stampe un libro che avrebbe potuto essere immediatamente e interamente sequestrato. -- Maria Volpi detta Mura, oggi quasi completamente dimenticata in favore della più nota Liala, è stata in realtà una delle prime scrittrici commerciali di «rosa» di grande successo; esordì nel 1919 e si conquistò una presenza stabile in cima alle classifiche di vendita. Grazie ai guadagni, fu in grado di compiere molti viaggi, utilmente impiegati nelle suggestioni dei suoi romanzi. Perì proprio tornando da un viaggio, nel 1940, in un incidente aereo. Rispetto a Liala, Mura è inquadrata nel filone del «rosa trasgressivo», quel sottogenere che amava indugiare nello scabroso e nel proibito: tutti elementi assai ben rappresentati in «Sambadù», che era apparso in una prima versione breve sul mensile «Lidel» (aprile 1930: «Niôminkas amore negro») e che viene completato e impreziosito dalle tavole di Marcello Dudovich per l’uscita nella celebre collana mensile dei «Romanzi di Novella». Come spesso nei migliori prodotti della letteratura commerciale, anche in «Sambadù» momenti di stupefacente libertà di vedute (la storia tra una donna bianca e un uomo nero perfettamente italiano e colto; l’emancipazione della protagonista femminile) convivono entro un contesto in cui la stabilità dei valori patriarcali e razzisti non è mai davvero messa in discussione. Il romanzo sarà ripubblicato da Sonzogno nel 1947, in una veste dimessa tascabile, senza illustrazioni; ICCU ne registra quattro copie (Centrale Firenze, Braidense e Civica Varese e Nazionale Cosenza, escluso dal prestito), presumibilmente in cattive condizioni di conservazione.Fabre, L’elenco (Torino 1998), pp. 25-28 ; Bonsaver, Mussolini censore (Roma-Bari 2013), cap. 6; Åkerström, Sambadù amore negro (in: Romance Studies 38,6: 101-110)