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Libri antichi e moderni

Remo Fedi,PSICHE E COSMO,Giovene 1946[scienza,filosofia,cosmologia,esoterismo

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Descrizione





Remo Fedi,
PSICHE E COSMO,
Spartaco Giovene Editore in Milano, 1946,
prima edizione,
brossura, 22x16,5 cm., pp.149,
BIBLIOTECA SCIENTIFICO - FILOSOFICA "HUMANA" n.13
diretta da G.Guglielmone,
peso: g.200

CONDIZIONI DEL LIBRO: buone,
qualche imperfezione, macchie e firma a penna in copertina,
strappetti senza mancanze al dorso



INDICE
Come si presenta oggi la filosofia naturale . . pag. 9
Visioni cosmiche del nostro tempo ...» 35
Il medialismo . . . ...» 77
La concezione psicocosmica di J. Huré . . . » 101
Appendice ... .... » 133




BIBLIOTECA SCIENTIFICO - FILOSOFICA "HUMANA" n.13
diretta da G.Guglielmone.
DELLA MEDESIMA COLLEZIONE:
1 — L'UOMO PRIMITIVO di C. de Vestite.
2 — LA SCIENZA MISTERIOSA DEI FARAONI di T. Moreux.
3 — LINEAMENTI DELLA CRIMINOLOGIA di C. Picone Chiodo.
4 — IL VANGELO DELL'IRONIA di S., Tissi.
5 — L'ORIGINE DI TUTTI I CULTI di C. F. Dupuis.
6 — L'ATLANTIDE - UN CONTINENTE SCOMPARSO di i?, Dévigne.
7 — URANIA NEI SECOLI di F. Pannelli.
8 — I POPOLI DELL'ANTICHITÀ' di C. de Vesme.
9 — LE ORDALIE (Il giudizio di Dio) di C. de Vesme.
10 — LA YOGA TANTRICA INDIANA E TIBETANA di T. Palamidessi.
11 — GLI DEI DELL'EGITTO di A. Moret.
12 — IL BARDO THOEDEL 0 LIBRO DEI MORTI TIBETANI.
13 — PSICHE E COSMO di R. Fedi.

da "Come si presenta oggi la filosofia naturale"
Quel settore della filosofia naturale che prende il nome di
« cosmologia » e che oggi, per vari motivi ,i filosofi contem-
poranei per lo più trascurano, è suscettibile di non pochi svilup-
pi in rapporto alle conquiste in questi ultimi tempi realizzate
dalla fìsica, dalla chimica, dalla biologia, dalla psicologia
sperimentale e dalle altre scienze empiriche. La divisione
tra filosofìa e scienze empiriche è naturalmente giustificata
sotto gli aspetti tecnico e metodologico, ma, anche mantenendoci
entro l' ambito del criticismo kantiano, cioè tenendo nella do-
vuta considerazione le nostre limitazioni sensibili-intellettuali,
non possiamo fare a meno di riconoscere che l'osservazione na-
turale e l'esperienza sono oggi, più di quanto non lo fossero nel
secolo scorso, connesse con la soluzione dei problemi che appas-
sionano le coscienze dedite alle cose dello spirito.

In verità, lo scienziato che non sente l'assillo delle questioni riflettenti il no-
stro essere, i nostri destini e l'universo nella sua grande com-
plessità, non è affatto meritevole di tale titolo, ancorchè le sue
conoscenze tecniche possano essere quanto mai si voglia vaste.
Ed altrettanto dicasi nei riguardi del filosofo che intende re-
stringere il suo sapere alla classificazione ed alla sistemazione
dei risultati d'indagine delle scienze speciali, adducendo essere
impresa vana e indegna di persona ragionevole l'occuparsi, in un
modo o nell' altro, di ciò che a noi si presenta come trascenden-
te le forme della nostra sensazione e le categorie del nostro in-
telletto.

Se l'uomo possedesse un solo strumento d'indagine del reale
sarebbe senza dubbio giustificato l'atteggiamento suddetto, ma,
al punto a cui siamo giunti,, è lecito domandarsi se sia proprio
così. E' facile dire che noi possiamo acquistare nozione della re-
altà esteriore unicamente attraverso i sensi, e che al di là della
sensazione nulla c'è di sostanziale, per cui i regni della metafi-
sica e della metapsichica non possono offrire un terreno utile
di ricerca, nello stesso modo in cui non è possibile dare una con-
formazione ed una sistemazione scientifica al contenuto dei no-
stri sogni. Tutte le voci contrarie — e non sono certamente in
piccolo numero — che si sono elevate da parte dei filosofi di tut-
te le epoche e di ogni paese, non sono valse (bisogna onesta-
mente riconoscerlo) ad eliminare questo « pathos » sensistico,
se non proprio materialistico, e ciò astrazione fatta dal senso
religioso dell'umanità. Da una parte, l'oggetto della fede; dal-
l'altra, l'oggetto della scienza: non si pensa, però, che per rite-
nere giustificata tale netta distinzione sarebbe anzitutto neces-
sario che la scienza umana si appoggiasse su presupposti affat-
to diversi da quelli su cui effettivamente si appoggia.

Lo scientista (e con questo termine intendiamo designare colui che al-
l'esperienza esteriore attribuisce un valore assoluto) prende sì
il dato empirico a fondamento dalla sua ricerca, ma non biso-
gna già credere che questo sia sufficiente a creare la scienza
« ab imis fundamentis » : anche lo scienziato ha bisogno d'aver
fede nella validità universale di certi principii. E' bensì vero
che ultimamente questa rigidezza delle leggi naturali invo-
cata dalla scienza ha dovuto cedere un po' di terreno ad una
visione naturalistica più ampia e più ricca. Chi non sa che, per
esempio, la materia com'era concepita dagli scienziati del di-
ciottesimo e diciannovesimo secolo e che servì ai materialisti
del secolo scorso (ai Büchner, ai Vogt, ai Moleschott, ecc.) per
gettare le fondamenta della loro concezione materialistica, si
presenta sotto veste assai differente ai ricercatori scientifici di
oggi? Della materia in funzione d'energia è fatta oggi parola
non soltanto dai filosofi, bensì anche dai cultori delle scienze
empiriche, ai quali peraltro sfugge generalmente il significato
e la portata d'una tale scoperta.

Comunque, che il punto d'appoggio dell'empiria sia essen-
zialmente metempirico è al di là di ogni possibile contestazio-
ne. Togliete la ferma fiducia nei presupposti scientifici e non fa-
rete fatica ad accorgervi del crollo di tutta l'impalcatura scien-
tifica.
Tutto questo è degno della massima considerazione per l'ar-
gomento di cui trattiamo. Perchè — senza che la maggior parte
del pubblico che non pensa e non si occupa di questi problemi
se ne renda accorta — s'imposta qui una questione di valore
che trascende l'ordine sensibile. Infatti, i presupposti scienti-
fici vengono riguardati come qualche cosa di più vero, di mag-
giormente meritevole di fiducia, che tutto quanto il castello em-
pirico che a questi si sovrappone. Se l'unica sorgente di co-
gnizione fosse, come generalmente si ritiene, l'organizzazione
sensibile-intellettuale, ciò che fornisce la nozione di valore non
avrebbe ragione alcuna di sussistenza. Il valore non si agita
unicamente sul territorio della morale e della religione, ma ha
anche i suoi addentellati nella regione del vero e quindi del-
l'apprensione di questo.

Ora, sono appunto i principi ideali che stanno a fondamen-
to dell'esperienza medesima, e che hanno la loro ragion d'essere
nella parte più profonda del nostro spirito, a rendere a noi
possibile la critica dei concetti empirici, o, in altri termini, a
portarci al di sopra della sfera dei sensi. Ottimamente fece, a
questo proposito, rilevare il Chiappelli che « dalla critica del
concetto kantiano dell'esperienza esce spontanea la persuasione
che lo spirito, in quanto conosce i limiti e i difetti dell'e-
sperienza stessa, necessariamente oltrepassa quei confini e ri-
media a quella deficienza. Perciò esso cerca sempre nell'espe-
rienza un ideale che in questa non si attua giammai ».

















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