Questo sito usa cookie di analytics per raccogliere dati in forma aggregata e cookie di terze parti per migliorare l'esperienza utente.
Leggi l'Informativa Cookie Policy completa.

Libri antichi e moderni

Gio. Battista Occelli (Giureconsulto)

Processus causae Civilis Verten'. Inter D. Archid. Eccles. Casalen'. ex una et D. I. C. Ricciu-, ex altera, coram Ex.mo Senatu.

1641

250,00 €

Bosio Giovanni Studio Bibliografico

(Magliano Alpi, Italia)

Parla con il Libraio

Metodi di Pagamento

Dettagli

Anno di pubblicazione
1641
Autore
Gio. Battista Occelli (Giureconsulto)
Soggetto
manoscritti, casale monferrato
Sovracoperta
No
Lingue
Latino
Copia autografata
No
Print on demand
No
Condizioni
Usato
Prima edizione
No

Descrizione

Cm 19 x 28, suggestiva legatura in pergamena quattrocentesca ricavata da manoscritto notarile, in minuta grafia, in latino, assai leggibile, affascinante benchè acefalo e mutilo al margine sinistro; causa analoga alla presente, codice membranaceo di due secoli prima riutilizzato assai verosimilmente dal nipote notaio Occelli, che parla di un 'Dom. Ubertus' e di 'bona et mobilia rapta'. Cc (2) bianche, (10), (2) bianche, (6), 78, (40), (1) bianca. Testo in latino e volgare, grafie di diverse mani, tutte assai leggibili. Il manoscritto è incompleto in fine (presenza di un richiamo a pie' di pagina). I fratelli Rolla di Casale Monferrato, la cui causa è presentata di fronte all'Eccellentissimo Senato, sono tre: Ottavio, in bolletta e senza la vocazione ad amministrare oculatamente i suoi beni; Giov. Giuseppe, Arcidiacono della cattedrale; Alfonso, defunto. L'arcidiacono possiede per due l'arte di gestire i beni, infatti quando Ottavio 'ritrovatosi in bisogno per le calamità, et miserie de' tempi', va a chiedergli sovvenzioni, subito rifiuta: poi gli dà 7 doppie, in cambio di una 'renontia' ai beni spettantigli in eredità, con vaga promessa di una sorta di vitalizio. Ottavio cede, per così dire, la primogenitura per il proverbiale piatto di lenticchie, affermando: 'che non si curava di beni ne paterni ne materni ne fraterni, ma che gli lasciava tutti, e che solo gli lasciassero godere di quelli di s pietro'. Poi però il prelato fa il furbo, dichiara di aver dato a Ottavio ben più di 7 doppie, e pure alcune di conio. Muore Alfonso che, lungimirante sulle tensioni familiari scrive, desiderando che 'i fratelli non andassero davanti a tribunali. ma si aggiustassero amorevolmente': '. in procinto di andarmene in parti lontane, e considerando che siamo tutti mortali, (intende) levare ogni sorte di lite et controversie, che possano nascere. resti la mia parte di heredità paterna in commodo comune, in pace e senza liti.'. Parole vane: divampa la diatriba sui beni del defunto tra i due congiunti superstiti, data l'entità del lascito ('di doppie 50 almeno, anche stimando li beni a mitissimo prezzo'). I rapporti, già poco fraterni, si inaspriscono. Ottavio prende coscienza del raggiro inflittogli dal fratello prelato, e instaura la presente causa, che come si evince dai toni velenosamente partigiani, è dell'Occelli notaio del turlupinato. Esempio di frase maligna del giurista prezzolato dalla parte lesa: come detto, tutti li 'beni et la Massaria erano tra i fratelli comuni', ma gestiti dalla formica arcidiacono e non dalla cicala Ottavio. Ora, 'come il dottore oculatissimo (il giudice a cui l'avv si rivolge) saprà molto bene, che quando un fratello solo amministra, e possede gli beni communi con gli altri fratelli, possede bene la sua portione per ragione propria, ma le altre portioni de fratelli le possede iure famigliaris et fraternitatis'. Nuovi personaggi condividono in scena: i massari, con i tagli degli alberi e le raccolte di 'fromento e maricacchi et altri frutti'. Luoghi dell'azione: le fini del Borgo S. Martino; la chiesa di S. Quirico; le 'Prate Novette'; nomi nel testo, oltre ai protagonisti: Achille Covella, Giacinto Chiera, il canonico Manfredi Rivalta, Federico Riccio acquirente da Ottavio del fondo sito in S. Martino su una porzione del quale avanza pretese l'arcidiacono. Terra vergognosamente incolta: 'E' cosa notoria a tutto il Borgo, che le terre suddette sono abbandonate et zerbe (gerbido), con li bussoni e spine alte un huomo come si può vedere'. Intrigante saga famigliare che sembra un romanzo, questo dipanarsi di testi, ove dalle pagine fresche e croccanti balzano fuori vividamente avidità fraterna, ironia cancelleresca, filosofica chiaroveggenza.