AUTOGRAFODocumento originale con firma autografa.Lieve traccia di gora d’acqua che interessa tutto il bifolio, appena percettibile al recto, che non disturba in alcun modo la leggibilità e la conservazione del documento; busta lacerata in testa e sul lato sinistro, con minime perdite all’intestazione e una lacerazione ricomposta; timbro postale leggibile e francobollo conservato; nel complesso, insieme in più che buone condizioni di conservazione.Lettera di fondamentale contenuto per la storia del futurismo, dettata da Marinetti al segretario Decio Cinti nel novembre del 1920, parallelamente al lancio ufficiale dei «club futuristi» su «La Testa di ferro». Indirizzata alla residenza di Jannelli in Castroreale Bagni, provincia di Messina: «Carissimo Jannelli, speravo di ricevere un tuo articolo per Testa di ferro | Avrai letto, in questo giornale, della trasformazione dei fasci futuristi in Club futuristi destinati ad accogliere tutti gl’italiani, anche non artisti, che siano nettamente mondi da ogni spirito reazionario. — Abbiamo scelto la parola Club, perché le solite: Fasci, Circoli, Gruppi, creerebbero confusioni. | Ti prego di comunicare la cosa a tutti gli amici. | Una calda stretta di mano. Tuo | FT Marinetti». -- Il contenuto della lettera aggiunge dettagli fondamentali alla vicenda dei cosiddetti «club futuristi», poco o per nulla nota agli studiosi: promossi per iniziativa di Marinetti e Mario Carli come evoluzione dei fasci futuristi dopo la disfatta elettorale di fine 1919, essi vengono inizialmente implementati sulla falsariga del futurismo politico diciannovista, con la massima apertura «anche a non artisti» (come chiarito nel manifesto «Che cos’è il futurismo», non a caso ristampato proprio nella seconda metà del 1920). La parola «club», frequentemente utilizzata da Marinetti in questo periodo, deriva probabilmente dall’utilizzo che ne andavano facendo i dadaisti a partire dal primissimo dopoguerra. Si hanno testimonianze di un «club futurista milanese» annunciato sulle pagine de «La Testa di ferro» I/38 del 28 novembre 1920 (Salaris, Alla festa della rivoluzione, p. 264 nota 74), di un «club futurista per impulso di Mario Shrapnel» a Catania, annunciato sul secondo fascicolo della rarissima rivista «Haschisch» del marzo 1921 (Parasiliti, All’ombra del vulcano, p. 42), oltre che di un «club futurista bolognese» formato da Tato, Caviglioni, Poli e Ago menzionato su Noi I/2, maggio 1923 (pagina 15). Maria Elena Versari, infine, ha studiato il fenomeno del «club futurista» come implementazione strettamente avanguardista del modello della casa d’arte: «II dettagliato programma che trasforma la Casa d’Arte in un Club Futurista offre un interessante modello del funzionamento di una sorta di microcosmo dell’avanguardia. Ormai ridimensionate le pretese di ricostruire in toto la società a propria immagine avanguardista con il gesto rivoluzionario, il Futurismo cerca di crearsi un luogo, uno spazio autonomo che offra un surrogato complessivo di tutte queste ambizioni ed esperienze. [.] La “Boîte Futuriste” [progettata da Prampolini], così come la nuova Casa d’Arte Bragaglia allestita da Virgilio Marchi e il Cabaret del Diavolo di Gino Gori decorato da Fortunato Depero sono spazi creati e gestiti da artisti che mimano e offrono un surrogato, all’interno delle strutture sociali tradizionali, di quei nuovi modelli di interazione tra artista e pubblico, tra artista e società promessi ma non mantenuti dalla “nuova fede” rivoluzionaria. Conclusasi l’esperienza della guerra, il tradizionale pragmatismo dimostrato da Marinetti nel fondare e dirigere il Futurismo continua a ricercare modelli di azione alternativi al tradizionale sistema artista-gallerista. Il modello economico applicato al Club Futurista si discosta e fornisce un più crudo contraltare all’idealismo dell’attesa di un governo rivoluzionario che agisca come garante dell’arte d’avanguardia sulla base di un’instabile alleanza concettuale tra innovazione sociale e innovazione artistica. Allo stesso tempo, però, questo modello di autonomia commerciale riesce a rispondere alle necessità più volte reiterate dalle associazioni artistiche dell’epoca: l’importanza dell’unione, del rinnovamento del gusto nelle arti applicate, il riavvicinamento tra artisti e società civile, tra arte e popolo» (I rapporti internazionali del futurismo, in: Il futurismo nelle avanguardie, Roma 2010, p. 585-s).
Edizione: documento originale con firma autografa.