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Libri antichi e moderni

Di Costanzo Angelo

Le rime d'Angelo di Costanzo Cavaliere Napoletano. Quinta edizione, delle passate molto più illustrata, ed accresciuta. Si sono aggiunte le Rime di Galeazzo di Tarsia, autore contemporaneo

appresso Giuseppe Comino, 1738

90,00 €

Mazzei Libreria Antiquaria

(Bagnone, Italia)

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Dettagli

Anno di pubblicazione
1738
Luogo di stampa
in Padova
Autore
Di Costanzo Angelo
Editori
appresso Giuseppe Comino
Soggetto
(Letteratura italiana - Poesia - Settecento)
Lingue
Italiano

Descrizione

In-16°, (16,7 x 11,4 cm), pp. 186, (6), legatura coeva in pergamena con qualche normale segno d'uso e del tempo, in particolare una macchia d'inchiostro nel bordo superiore del piatto posteriore. Al dorso, tassello con titoli manoscritti, titoli parzialmente cancellati da alcune abrasioni. Frontespizio della prima opera in rosso e nero. le Rime del di Tarsia presentano un frontespizio proprio: "Le Rime di Galeazzo di Tarsia Cosentino, Baron di Belmonte, raccolte dal Cavalier Giovambattista Basile, nell'Accademia degli Oziosi detto il Pigro, e con ogni diligenza ristampate, in Padova, appresso Giuseppe Comino, 1738"; il volume ha però numerazione continua, l'opera del di Tarsia principia a pagina 152. Con alcuni capilettera, testaine e finalini incisi. All'ultima pagina, stemma xilografico dei Volpi. Alla carta di guardia anteriore, la parte superiore, che risultava mancante, è stata reintegrata con carta giapponese; nella parte inferiore, firme coeve d'appartenenza. Nel margine inferiore di pagina 24, firma coeva d'appartenenza "chirurgo celestin Gio. Bata. Bevilacqua di Messerano 1798" (Giovan Battista Bevilacqua di Messerano, oggi Masserano, comune in provincia di Biella). Qualche leggero segno d'umido, per il resto, ben conservato. La raccolta del di Costanzo, pubblicata a cura di Anton Federigo Seghezzi, comprende sonetti, canzoni, stanze in volgare e alcuni carmi latini; raccoglie inoltre testimonianze sull'autore dei letterati Ludovico Dolce, Francesco Sansovino, Antonio Minturno, Torquato Tasso, Scipione Ammirato, Tommaso Costo, Bernardo Tasso, Mario Telluccini detto il Bernia, Ludovico Paterno, Menelao Infrosino, Giovambattista Marino, Girolamo Ruscelli, Tommaso Porcacchi e Federico Mennini. Le pagine 125-137 ospitano quattro lettere inviate dal di Costanzo, tre a Bernardino Rota e una a Pietro Aretino, e cinque a lui indirizzate, una da Annibal Caro, due da Giulio Cesare Capaccio e due da Tommaso Costo. Il volume pubblica inoltre componimenti poetici dedicati al di Costanzo da Antonio Terminio, Ferrante Carrafa, Giovan Luigi Riccio, Matteo Montenero, Giovan Antonio Carrafa, Lodovico Paterno, Scipione Ammirato, Girolamo Ruscelli, Pietro Massolo, Annibal Caro, Laura Terracina, Alessandro Flaminio, Berardino Rota, Muzio Sforza, Benedetto Dell'Uva. Angelo di Costanzo (Napoli, intorno al 1507 - ivi, 1591). di nobile famiglia, fu poeta e storico. Amico di Jacopo Sannazzaro e di Francesco Poderico, fu da questi spinto a scrivere la sua Historia del regno di Napoli, opera che uscì, nella sua versione, definitiva, divisa in venti libri, a L'Aquila, per le stampe di Giuseppe Cacchio, nel 1582. Autore di versi in latino e in volgare, fu particolarmente apprezzato dai suoi contemoporanei per i suoi sonetti, lodati per il loro carattere ricercato e la loro perfezione formale, caratteristiche queste che determinarono il successo dei suoi componimenti anche presso i marinisti del XVII secolo e gli arcadi del secolo successivo. Scarne le notizie biografiche relative a Galeazzo di Tarsia (Napoli, 1520 circa - Belmonte Calabro, 1553), poeta appartenente a una famiglia aristocratica calabrese. Sesto barone di Belmonte, esercitò il suo potere in modo autoritario e vessatorio, tanto che, a causa delle prepotenze e dei soprusi compiuti verso i suoi sudditi, nel 1547 venne processato alla Gran Corte della Vicaria e condannato alla perdita delle prerogative feudali. Dopo un periodo detentivo trascorso a Castel Capuano, fu confinato a Lipari dove rimase almeno fino al 1551. Graziato dal Viceré Don Pedro de Toledo, nel 1553, appena tornato a Belmonte, fu ucciso in circostanze misteriose. Scrisse soprattutto sonetti, secondo il modello petrarchista in voga nel Cinquecento.