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Libri antichi e moderni

Donato Antonio De Martino

Istoria della vita, e morte di Pietro Mancino Capo dei Banditi, composta in ottava rima da Donato Marino Napolitano,

Per Salvatore e Giandomenico Marescandoli,, 1740

160,00 €

Zanfrognini Antonio Studio Bibliografico

(Modena, Italia)

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Dettagli

Anno di pubblicazione
1740
Luogo di stampa
In Lucca,
Autore
Donato Antonio De Martino
Editori
Per Salvatore e Giandomenico Marescandoli,
Soggetto
RARITA' BIBLIOGRAFICHE FOGGIA MANFREDONIA MONTE SANT'ANGELO, RACCONTI POPOLARI LEGGENDE LUCCA

Descrizione

In 12°; 23, (1) pp. Senza brossura. Qualche strappetto senza perdita di carta e per il resto, nel complesso, esemplare in buone condizioni di conservazione. Rarissima placchetta che contiene la celebre ballata scritta dal cantastorie cieco, Donato Antonio de Martino in onore del famoso bandito pugliese, Pietro Mancino. Pietro Mancino nacque a Vico del Gargano (secondo altre fonti a Lucera), un piccolo paese nel cuore del promontorio garganico, intorno alla metà del Seicento. In un'epoca segnata da carestie, guerre e disordini sociali, il giovane Pietro fu presto attratto dalla vita del bandito, vista come un'alternativa alla miseria e all'oppressione. La sua infanzia fu segnata dalla povertà e dalle dure condizioni di vita. Già da giovane, Mancino si distinse per la sua audacia e il suo spirito ribelle. Non trovando altra via per sfuggire alla miseria, si unì a un gruppo di briganti che operava nelle foreste del Gargano. Celeberrime le loro scorribande nelle provincia di Foggia tra Manfredonia, Monte Sant’Angelo. Durante una delle sue fughe Mancino per sfuggire alla cattura si recò addirittura a Malta e sulla costa dalmata. Dopo questa fuga, ritornato nella penisola a Barletta organizzò una banda con una quindicina di banditi e assassinò un suo acerrimo nemico. Mancino fu una personalità dalle molte sfaccettature. Basti ricordare che durante la sua vita arrivò ad essere nominato colonnello della cavalleria sabauda. Infatti nel 1636, per favorire la caduta del governo spagnolo, gli fu affidato il compito di conquistare Manfredonia, Monte Sant'Angelo e Foggia, saccheggiandola delle sue grandi ricchezze conservate nella sua Dogana. Nel 1637 ottenne il gradi di Colonnello dei francesi e contemporaneamente, nello Stato Pontificio. In poco tempo, la sua fama crebbe grazie alle sue imprese audaci e alla sua abilità nel sottrarsi alle autorità. Mancino divenne presto un leader naturale per la sua banda, imponendosi per il coraggio e la capacità strategica. Le sue azioni non erano solo crimini, ma spesso atti di sfida contro i potenti dell'epoca, i baroni e i signori feudali, che opprimevano la popolazione con tasse esorbitanti e leggi ingiuste. Pietro Mancino veniva quindi visto dal popolo come un eroe romantico, un Robin Hood che si batteva contro l'ingiustizia anche se forse, come figura, potrebbe essere avvicinata ad un corsaro, seppur di terra ferma, come Drake. Le leggende raccontano che fosse particolarmente abile nell'evitare le trappole tese dalle truppe spagnole e dai mercenari assoldati dai nobili locali per catturarlo. Grazie alla sua conoscenza del territorio e all'appoggio della gente del luogo, riuscì a rimanere latitante per molti anni. La sua fine è avvolta nel mistero. Alcuni dicono che fu tradito da un compagno di banda, altri che fu catturato e giustiziato pubblicamente per dare un esempio. Tuttavia, la figura di Pietro Mancino è rimasta viva nella memoria popolare, simbolo di resistenza e di lotta contro le ingiustizie, incarnando lo spirito ribelle del Gargano del Seicento.
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