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Libri antichi e moderni

De Roberto, Federico

I viceré

Casa Editrice Galli di C. Chiesa e F. Guindani (Tipografia Luigi - di Giacomo Pirola),, 1894

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Pontremoli srl Libreria Antiquaria (MILANO, Italia)

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Dettagli

Anno di pubblicazione
1894
Luogo di stampa
Milano,
Autore
De Roberto, Federico
Pagine
pp. 669 [1].
Editori
Casa Editrice Galli di C. Chiesa e F. Guindani (Tipografia Luigi, di Giacomo Pirola),
Formato
in 8°,
Edizione
Edizione originale.
Soggetto
Narrativa Italiana dell' 800
Descrizione
legatura moderna in cartonato, al dorso tassello in marocchino con titoli oro,
Sovracoperta
No
Stato di conservazione
In ottimo stato
Lingue
Italiano
Legatura
Rilegato
Prima edizione

Descrizione

LIBRO Edizione originale. Ottimo esemplare. Il capolavoro dell’autore, oggi considerato tra i maggiori romanzi del secondo Ottocento italiano. -- Deluso dal rapporto non felice con gli editori Treves, che pubblicarono a spese dell’autore i «Documenti umani» nel 1888, Federico De Roberto si avvicinò alla neonata Libreria e casa editrice Galli. Fondata nel 1888 da Giuseppe Galli in società con Giuseppe Vincenzo Omodei Zorini, rilevando la storica libreria milanese di Carlo Brigola, già il primo gennaio dell’anno successivo la proprietà veniva ceduta ai due operativi: il libraio Felice Guindani e l’editor Carlo Chiesa. Proprio con quest’ultimo De Roberto strinse un rapporto di amicizia e collaborazione durato ben oltre le contingenti vicende della Galli: a partire dal 1889, con il romanzo «Ermanno Raeli», per dieci intensi anni lo scrittore siciliano pubblicò ben otto libri con l’editore milanese. La Casa editrice Galli nel frattempo andava incontro a un esito non felice: verso la metà del decennio 1890-1900 iniziava a collaborarvi lo scrittore Gian Pietro Lucini, che nel 1897 finì per estromettere sia Chiesa che Guindani, portando infine la società al fallimento completo l’anno successivo. Una parte del credito, e tutto il non banale catalogo — che a parte De Roberto annoverava scrittori di successo quali Neera, Contessa Lara, Fogazzaro, De Marchi etc. — venne rilevato da Baldini e Castoldi, che rimise in circolo le tirature residue con copertine dotate del proprio marchio (Editori italiani dell’Ottocento: repertorio, pp. 485-s). -- Il capolavoro di De Roberto ebbe una lavorazione tortuosa, caratterizzata da un esito commerciale del tutto deludente. Promesso a Chiesa già al principio del 1891, il lavoro sul manoscritto prese due interi anni: «L’alacre revisione alla quale De Roberto stava sottoponendo [tra 1892 e 1893] tutto il libro fu un lavoro titanico che, sommato a quello già affrontato nella fase di scrittura, lo avrebbe condotto a una nevrosi che avrebbe segnato il resto della sua esistenza» (Amaduri, p. 32). A settembre 1893 ebbe inizio il complesso lavoro editoriale, le cui difficoltà eminentemente pratiche sono ben riassunte in questa lettera di Carlo Chiesa all’autore, del 24 novembre: «Me ne accorgo ò fatto male a comprare, l’anno scorso, un lavoro che non c’era. Me ne accorgo oggi che vi do un volume di 900 pagine, che devo spendere duemila lire soltanto per la carta, che devo pagare 1794 lire per la stampa, che devo pensare a la copertina, che dovrò dare 200 copie del romanzo in dono, che dovrò sottostare a tante spese di posta reclame ecc. […] Voi, causa prima e sola de la mia disgrazia […]» (Amaduri, p. 40). Passerà infatti ancora un anno prima che il libro possa vedere la luce: la copertina, inizialmente prevista illustrata, fu decisa di semplice tipografia, e il lavoro tipografico, condotto dal proto Riccardo Grillo della storica Tipografia Pirola, subì enorme rallentamento a causa delle continue revisioni d’autore — «Han proprio da aspettare, questi signori scrittori, che i loro lavori siano stampati per correggerli? Ma non sono nel vero se dico correzioni quelle del Sig. De Roberto; sono puri e veri pentimenti. La prego a scrivergli che abbia la cortesia di pentirsi prima di stamparli» lamentava Grillo a Chiesa l’11 aprile 1894 (ivi, p. 41). «L’uscita finale del volume avvenne, infatti, il 18 settembre del 1894, anche se le copie omaggio vennero inviate dall’editore con alcune settimane di anticipo» chiosa Agnese Amaduri; ne vennero tirate non meno di mille e non più di duemila copie (lettera di Chiesa a De Roberto 11 set. 1983, Amaduri, p. 38) e, a parte alcuni isolati (anche se importanti) apprezzamenti, il libro fu un fiasco tale che lo stesso autore fu costretto a trarne bilancio: «[…] è troppo lungo, la lunghezza gli ha nociuto. Ma io ho avuto soddisfazioni d’amor proprio molto grandi». Amaduri, L’officina dei Viceré: la genesi del romanzo attraverso l’epistolario (Milano 2017)
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