In alto, lungo il bordo superiore, si trova il titolo CAIRUS, QUAE OLIM BABYLON; AEGYPTI MAXIMA URBS. Nel margine inferiore, in un cartiglio rettangolare, è incisa una legenda numerica composta da 17 rimandi e distribuita su quattro. Segue l’iscrizione: Pyramides hae in Aegipto nihil aliud fuerunt, quam Regum pecuniae otiosa ostentatio Cupiebant enim reges, aut potius belvae coronate, hoc modo nomen suum in terram scribere, et longissimam sui reli[n]quere memoriam, cum tamen nullius rei fama sit in mundo tenuior. Nam aut quis Architectus, aut quis rex infanus aliquam pyramidem erexerit non constat. Matheo Florimi formis. Nella tavola sono poi fornite ulteriori indicazioni toponomastiche. Opera priva di orientazione e scala grafica. Pianta prospettica della città edita da Matteo Florimi a Siena. Basata sul modello di Zorzi-Pagano, LA VERA DESCRITIONE DE LA GRAN CITA DEL CAIERO, stampato a Venezia nel 1549, l’opera replica, con piccole varianti, la pianta inclusa nel primo volume del Civitates Orbis Terrarum di G. Braun e F. Hogenberg, del 1572. La legenda numerica di 17 rimandi deriva da questa pianta, come pure l’iscrizione, che nella versione originale è collocata nell’angolo superiore destro. “Nel 1549 Matteo Pagano, in collaborazione con il pittore e cartografo Giovanni Domenico Zorzi, produce la grande mappa del Cairo, LA VERA DESCRITIONE DE LA GRAN CITA DEL CAIERO, composta da ventuno blocchi silografici. La prospettiva adottata, obliqua dall’alto, detta “a volo d’uccello”, segue la tradizione rinascimentale della rappresentazione delle città. Il formato è orizzontale, con la città vista dalla riva occidentale del Nilo. Sono indicati in maniera chiara sia aree individuali che monumenti della città, come il distretto di Azbakiya, la porta di Bab Zuwayla, l’acquedotto e le vie principali, il Vecchio Cairo, sviluppato intorno alla fortezza di Babilonia, la torre di Giza, le celebri Piramidi e la Sfinge in sembianze femminili. All’interno del denso agglomerato urbano si distinguono alcuni edifici, come la MADRASA del sultano Hasan, la casa dove – secondo la tradizione biblica – si rifugiò la Vergine durante il passaggio in Egitto, così come gli accessi principali. La disposizione delle mura settentrionali e orientali della città e della Cittadella è indicativa ma topograficamente accurata. La carta dello Zorzi comunque va al di là della mera rappresentazione spaziale della città. Le vignette storiche che mostrano l’ingresso dell’esercito ottomano di Selim alle porte del Cairo nel 1517 danno all’opera una specifica collocazione temporale. Decorano la mappa numerose scene di vita quotidiana, dalla raccolta dei datteri, al trasporto dell’acqua, agli esercizi della cavalleria, alle scene di costume, ed anche la fauna locale: cammelli, coccodrilli, asini. L’opera è integrata da testo disposto in forma di didascalie, come nella veduta della città pubblicata nella Peregrinatio in Terram Sanctam di Bernhard von Breydenbach (1486), ma con un intento descrittivo più ampio. Si ritiene che queste didascalie derivino dall’opera Descriptio Alcahirae Urbis Quae Mizir Et Mazar Dicitur, attribuita al cosmografo e umanista francese Guillaume Postel, ed edita da Matteo Pagano nel 1549. In assenza di una data sulla lastra, questo pamphlet rappresenta l’unico criterio di datazione dell’opera, che risalirebbe quindi alla metà del secolo XVI. La rappresentazione, invece, si riferisce alla situazione del Cairo alla fine del ’400, infatti sono riportate costruzioni che risalgono all’epoca del sultano Qaybay, quando le relazioni tra l’Egitto e Venezia erano molto forti. Non si conoscono le fonti utilizzate da Pagano per la realizzazione di questa grande veduta. Sono state formulate diverse ipotesi: che potesse esistere un originale, perduto, risalente alla fine del XV secolo, successivamente integrato con le didascalie relative alla conquista di Selim (1517); oppure che la . On the high, long side of the upper border, if you find the title of CAIRUS, QUAE OLIM BABYLON; AEGYPTI MAXIMA URBS. In the lower margin, in a rectangular cartiglio, is engraved a numerical legend composed of 17 rhymes and distributed among its four. Follows: Pyramides hae in Aegipto nihil aliud fuerunt, quam Regum pecuniae otiosa ostentatio Cupiebant enim reges, aut potius belvae coronate, hoc modo nomen suum in terram scribere, et longissimam sui reli[n]quere memoriam, cum tamen nullius rei fama sit in mundo tenuior. Nam aut quis Architectus, aut quis rex infanus aliquam pyramidem erexerit non constat. Matheo Florimi formis. Further toponymic indications are then provided in the table. Work without orientation and graphic scale. Perspective map of the city published by Matteo Florimi in Siena. Based on the Zorzi-Pagano model, LA VERA DESCRITIONE DE LA GRAN CITA DEL CAIERO, printed in Venice in 1549, the work replicates, with minor variations, the plan included in the first volume of the Civitates Orbis Terrarum by G. Braun and F. Hogenberg, from 1572. The numerical legend of 17 references derives from this plan, as well as the inscription, which in the original version is placed in the upper right corner. “Nel 1549 Matteo Pagano, in collaborazione con il pittore e cartografo Giovanni Domenico Zorzi, produce la grande mappa del Cairo, LA VERA DESCRITIONE DE LA GRAN CITA DEL CAIERO, composta da ventuno blocchi silografici. La prospettiva adottata, obliqua dall’alto, detta “a volo d’uccello”, segue la tradizione rinascimentale della rappresentazione delle città. Il formato è orizzontale, con la città vista dalla riva occidentale del Nilo. Sono indicati in maniera chiara sia aree individuali che monumenti della città, come il distretto di Azbakiya, la porta di Bab Zuwayla, l’acquedotto e le vie principali, il Vecchio Cairo, sviluppato intorno alla fortezza di Babilonia, la torre di Giza, le celebri Piramidi e la Sfinge in sembianze femminili. All’interno del denso agglomerato urbano si distinguono alcuni edifici, come la MADRASA del sultano Hasan, la casa dove – secondo la tradizione biblica – si rifugiò la Vergine durante il passaggio in Egitto, così come gli accessi principali. La disposizione delle mura settentrionali e orientali della città e della Cittadella è indicativa ma topograficamente accurata. La carta dello Zorzi comunque va al di là della mera rappresentazione spaziale della città. Le vignette storiche che mostrano l’ingresso dell’esercito ottomano di Selim alle porte del Cairo nel 1517 danno all’opera una specifica collocazione temporale. Decorano la mappa numerose scene di vita quotidiana, dalla raccolta dei datteri, al trasporto dell’acqua, agli esercizi della cavalleria, alle scene di costume, ed anche la fauna locale: cammelli, coccodrilli, asini. L’opera è integrata da testo disposto in forma di didascalie, come nella veduta della città pubblicata nella Peregrinatio in Terram Sanctam di Bernhard von Breydenbach (1486), ma con un intento descrittivo più ampio. Si ritiene che queste didascalie derivino dall’opera Descriptio Alcahirae Urbis Quae Mizir Et Mazar Dicitur, attribuita al cosmografo e umanista francese Guillaume Postel, ed edita da Matteo Pagano nel 1549. In assenza di una data sulla lastra, questo pamphlet rappresenta l’unico criterio di datazione dell’opera, che risalirebbe quindi alla metà del secolo XVI. La rappresentazione, invece, si riferisce alla situazione del Cairo alla fine del ’400, infatti sono riportate costruzioni che risalgono all’epoca del sultano Qaybay, quando le relazioni tra l’Egitto e Venezia erano molto forti. Non si conoscono le fonti utilizzate da Pagano per la realizzazione di questa grande veduta. Sono state formulate diverse ipotesi: che potesse esistere un originale, perduto, risalente alla fine del XV secolo, successivamente integrato con le didascalie relative alla conquista di Selim (1517); oppure che la v. Cfr.