Bella, nitida incisione originale in formato cm.76x48,3, impressa da Giovanni Battista Falcini, e tratta dall'opera "Ethruscarum antiquitatum fragmenta: quibus urbis Romae aliarumque gentium primordia, mores, & res gestae indicantur a Curtio Inghiramio reperta Scornelli propè Vulterram" di Curzio Inghirami (1614-1655), edita a Francoforte nel 1637. Vi viene raffigurato l'albero genealogico della Famiglia Inghirami, con notevole dovizia di dettagli. In basso bella veduta di Pomarance, con sullo sfondo la Rocca di Volterra. Due stemmi nobiliari ai margini esterni. Esemplare privo di margini, con alcuni restauri cartacei. In basso a sinistra, in cartiglio ornamentale, la dizione "Inghiramia familia ortum habuit e Lavemburgo ab Ennone Bilingio, cui. fil. Hermannus ab Othone Imp. Dux in Saxonia fuit constitutus, Krantius hist. est; Engera mus. autem alter Ennonis filius Inghiramiam prosapiam in Ethruria intervit ut ex instrum. apparet. Declaratio litterarum indicantium loca, ex quibus praesens arbor desumpta est". Segue l'indicazione delle sigle delle fonti citate nella carta: "A.V. Archivia Vulterrana. A.E. Archivium Episcopale. A.I. Archivium Abb. S.Iusti. I.P. Instrumenta privatorum. I.I. Instrum. quae apud nos existunt. Cos. Ex Consulibus Vulterr. Urbis. Ant. Ex Antianis. Pr. Ex Prioribus Re. Reformatoribus Status Vulterrae, quae dignitates nobilioribus tantum conceduntur". . Così Giovanni Battista Picotti descrive la Famiglia Inghirami nella Edizione 1933 della "Enciclopedia Treccani": "Famiglia venuta, si disse, dalla Sassonia, appare in Volterra, ed ebbe rami in Roma e in Prato. Al ramo pratese appartenne Gemignano (1370-1460), uditore di Rota, che lasciò nella sua propositura di Prato larga traccia di pietà e di mecenatismo e scrisse notevoli Ricordanze (Arch. stor. ital., s. 5, I, 1888, p. 20 segg.). Da Volterra venne a Roma Tomaso, detto Fedra (1470-1516), canonico lateranense e vaticano, bibliotecario, segretario del Sacro Collegio; autore di discorsi funebri, di lavori filologici, di carmi, fu detto il Cicerone dell'età sua; è più noto, ora, per il suo ritratto raffaellesco. Iacopo, del ramo volterrano (1565-1623), fu cavaliere e (1603) ammiraglio dell'ordine di S. Stefano. Curzio (1614-1655), archeologo e storico, pubblicò nel 1637 i famosi "Scripti", supposti frammenti di antichità etrusche, e li difese in un Discorso ricco di erudizione (1645). Francesco (1772-1846) fu pure archeologo, storico e artista; Giovanni (1779-1851) fu direttore dell'Osservatorio Ximeniano di Firenze". > SBN, "Il tipografo è Giovanni Battista Landini?, cfr. BL German 1601-1700, vol. II, n. I54". Parenti, "Dizionario dei luoghi di stampa falsi, inventati o supposti", 94, "Questo scritto assai discusso e variamente attribuito a Tommaso Fedro Inghirami, a Curzio Inghirami, a raffaello Maffei e a Guglielmo Postello, fu certamente stampato a Firenze". Codice libreria 117025.