Sonno perenne

Un mescuglio tra distopia, steampunk e realismo sporco accompagna un individuo non ben definito dagli interessi stereotipati alla volta di una epopea tra le fauci di Ilithiopoli, la città scema. Egli è il “King of nowhere” predetto dai Diary of dreams, non curante delle proprie contraddizioni, che visita ciò che lui domina senza mai essersi interessato prima a cosa comprenda il suo controllo assoluto e indiscusso (assegnato dalla sorte). Una descrizione molto azzardata di un ipotetico futuro non troppo difficile da concepire. Una delle principali forme di intrattenimento in un’epoca priva di valori ma molto vicina a tesi antinataliste con fulcro l’autocommiserazione è lo scontro tra Berserkir inimicati gli uni nei confronti degli altri da blande sfumature dello spettro ottico (allegoria che potrebbe sottolineare l’inettitudine visiva interiore) manco sermoni perturbanti proferissero dalle labbra di miele di Christopher Bowes scatenando un Juggernaut irrefrenabile. La sofferenza altrui è percepita come intrattenimento proprio. Improvvisamente, un desiderio di imitare Gori Gandellini lo attanaglia più di quanto accadde al Siddharta di Hesse. Potrebbe contenere residui di sentimenti.