Questo sito usa cookie di analytics per raccogliere dati in forma aggregata e cookie di terze parti per migliorare l'esperienza utente.
Leggi l'Informativa Cookie Policy completa.

Livres anciens et modernes

Tomshinsky Stanley.

Sculptures 1961 to 1968. Introduction by Luigi Lambertini.

(Tusch-Druck)., 1969

75,00 €

Daris Libreria

(Lucca, Italie)

Demander plus d'informations

Mode de Paiement

Détails

Année
1969
Lieu d'édition
(Wien).
Auteur
Tomshinsky Stanley.
Éditeurs
(Tusch-Druck).
Thème
Arte - Autografi

Description

In-8°, brossura editoriale, pp. non numerate 12 di testi, cui seguono 42 riproduzioni a piena pagina stampate solo al recto di sculture. Al piatto anteriore firma e data autografe dell'artista. Stanley TOMSHINSKY nasce a New York nel 1935, figlio unico di padre e madre ebrei di origine lettone, emigrati in America negli anni '20. Dopo la laurea in giornalismo, attratto, come gran parte degli intellettuali americani, dalla cultura europea, e curioso di scoprire e condividere quel clima di contemporaneità delle avanguardie artistiche dentro l'esistenzialismo vissuto come esperienza, si trasferisce in Europa scegliendo come destinazione Parigi, dove comincia la sua avventura d'artista come scultore. Totem, figure, creature mitologiche diventano l'espressione simbolica dei temi cari alla ricerca filosofica e spirituale di Tomshinsky: Dio, l'uomo e l'universo. Con coraggio affronta in quegli anni il linguaggio della scultura intesa come forma aperta proposta alla fine degli anni '20 dallo scultore spagnolo Julio Gonzales e ulteriormente sviluppata dall'americano Alexander Calder con le sculture mobili. Come fecero altri artisti, già nella scultura di quel periodo disvela una cifra del tutto personale, connotata da strutture geometriche attraversate da filamenti morbidi, fluenti che ad un'attenta lettura ci portano dentro a flussi di energia cosmica: l'estremo Oriente con la spiritualità buddista e lo Zen, che Tomshinsky organizza con sapiente chiarezza. Da autodidatta studia la matematica, le strutture molecolari e biologiche della vita, il colore e le simbologie universali, che integra tra loro in una ricerca che, di fatto, costituisce la base del suo percorso esistenziale e spirituale. Le sculture in filo di rame possono far pensare alle costruzioni filiformi del Balla del '22, ma solo indirettamente, e inoltre alle esperienze di Calder. Tuttavia in Tomshinsky nulla è intentato o casuale: 'La sintesi di queste opere - commenta Luigi Lambertini - rappresenta formalmente un preciso atteggiamento ed una individuazione ideale. Potremmo addirittura affermare - prosegue il critico italiano - che abbiamo una scultura trasparente perché Tomshinsky ha saputo, con questo suo mondo che ci trasporta nella cabala ed in un regno diafano ove la sensibilità dell'essere diviene ieratica individuazione e sintesi primordiale, suggerire uno dei tanti volti nascosti attraverso i quali il tempo e lo spazio passano silenziosi'. Scriveva Dino Buzzati, come critico del 'Corriere della Sera', nel 1968: 'Fantasia, stilizzazione, garbo decorativo, pulizia, semplicità. Ma poi Tomshinsky scrive di voler '. tracciare il movimento spirituale nell'ordine cosmico… esprimere l'Universo come infinito'. E allora, come la mettiamo?'. Nella metà degli anni '70 Tomshinsky viaggia ancora ed espone a Milano, Vienna, Parigi, Düsseldorf, Zurigo, Bruxelles, Londra, Roma e Torino, iniziando in quel periodo a fare della pittura ad olio. La sua ricerca è indirizzata prevalentemente all'astratto lirico con alcuni lavori riconducibili ad una stilizzata figuratività. Incuriosito dalle potenzialità del computer, comincia a realizzare immagini di grafica, avviando, in largo anticipo sulle ricerche che ben presto si svilupperanno in questo campo, un'intensa sperimentazione sull'immagine digitale e l'animazione. Definitivamente preso dalla pittura, si libera dall'inevitabile condizionamento che la scultura astratta gli aveva imposto. Vive sempre più la bellezza del valore timbrico; irrompe sulla superficie del quadro con l'impetuoso gesto reso automatico da un dinamismo irriverente, sovrapponendo i gialli ai rossi, i blu cerulei ai blu scuri, e per ultimo i bianchi, a disarticolare ancor più l'immagine e quasi a velare le strutture sottostanti. Colpito da una malattia inattesa, muore a Milano nel febbraio del 2004, dopo sei mesi vissuti con il sereno fatalismo dell'uomo che ha sperimentato il percorso di una vita intensa, vera e spiritualmente concreta. (dal sito dell’Associazione Culturale Achivio Stanley Tomshinsky)