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Livres anciens et modernes

[Bruno, Antonio (Curatore), Arturo Onofri (Reale Autore)]

Palazzi di Giado [giada]. Poesie cinesi

Impresa Editoriale Siciliana,, 1919

1200,00 €

Pontremoli srl Libreria Antiquaria

(MILANO, Italie)

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Détails

Année
1919
Lieu d'édition
Catania,
Auteur
[Bruno, Antonio (Curatore), Arturo Onofri (Reale Autore)]
Pages
pp. 221 [3].
Éditeurs
Impresa Editoriale Siciliana,
Format
in 8° (204 x 145 mm),
Edition
Prima edizione.
Thème
Poesia Italiana del '900 Letteratura Antica
Description
legatura editoriale con copertina in brossura, piatto anteriore stampato in nero e giallo, con disegno e grafica a firma Amedeo Bianchi, titolo e prezzo in nero al dorso, catalogo dei libri pubblicati da Antonio Bruno in nero al posteriore,
Premiére Edition
Oui

Description

LIBRO Prima edizione. Esemplare con piccoli difetti al dorso, ma nel complesso ottimo, a fogli in gran parte ancora chiusi. Libro assai raro, censito in soli due esemplari in ICCU (Università di Firenze e Fondazione Cini aVenezia), cui OCLC aggiunge un esemplare alla Bibliothèque nationale de France e un altro al MART di Rovereto. Curato sotto “finto” anonimato da Antonio Bruno (il cui nome si desume chiaramente dall’avviso dell’editore, dai numerosi elogi alla sua raccolta Fuochi di Bengala alle pp. 215-221 e dal catalogo di libri proposti in quarta di copertina), il volume raccoglie traduzioni di poesie cinesi composte in realtà da Arturo Onofri, come ha ristabilito l’edizione curata nel 1994 da Carlo D’Alessio (Lune di giada. Poesie cinesi tradotte da Arturo Onofri). A partire dal 1914, Onofri si era infatti dedicato alla resa italiana (da traduzioni francesi e inglesi) di un ampio corpus di poesie cinesi del periodo Tang (VIII-IX secolo d.C.). Ultimato all’inizio del 1916 un quaderno manoscritto autografo (BN Roma,Arch. Onofri,ARC. 2 sez. F-6), Onofri lo fece circolare nella speranza della pubblicazione: Antonio Bruno lo ebbe in mano tra gennaio e febbraio e ne fece una trascrizione, passata poi a Papini, che con Cecchi doveva essere tramite verso qualche editore. La situazione tuttavia si arenò e — anzi — «le traduzioni cinesi sparirono bruscamente dall’orizzonte di interessi di Onofri, tanto che quando, poco dopo, Antonio Bruno gli annuncerà di aver fatto stampare una parte dei testi, [.] copiati in un’edizione anonima e dalla scarsissima tiratura, Onofri farà di tutto per restare nell’ombra, rifiutando qualsiasi attribuzione di quella pur non lontana fatica» (D’Alessio, p. 24). L’edizione curata da Bruno risulta trascrizione esattissima (minime varianti come «torneranno» invece di «ritorneranno», scelte di punteggiatura ecc.) di un trenta per cento abbondante del quaderno di Onofri, note esplicative comprese. L’atteggiamento del catanese fu in realtà ambivalente, come dimostra il carteggio con Onofri e finanche la dedica autografa contenuta in un esemplare che abbiamo avuto la fortuna di registrare («Al caro Arturo queste poesie che ho ascoltato la prima volta da Lui col fermo entusiasmo che me lo ricorda.»): da una parte evidentemente smanioso di riverberare della gloria di queste traduzioni, dall’altra irrisolto nell’appropriarsene e senz’altro intimorito di fronte al più autorevole collega di lettere (ricostruisce sinteticamente la vicenda P. Meli, L’avventura futurista di Antonio Bruno, in “La Sicilia”, 18 novembre 2010).