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Livres anciens et modernes

BOIARDO, Matteo Maria (ca. 1441-1494)-BERNI, Francesco (1497-1

Orlando innamorato composto già dal signor Matteo Maria Boiardo conte discandiano, et rifatto tutto di nuovo da M. Francesco Berni

Andrea Calvo, 1542

6500,00 €

Govi Libreria Antiquaria

(Modena, Italie)

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Détails

Année
1542
Lieu d'édition
Milan
Auteur
BOIARDO, Matteo Maria (ca. 1441-1494)-BERNI, Francesco (1497-1
Éditeurs
Andrea Calvo
Thème
Quattro-Cinquecento
Etat de conservation
En bonne condition
Reliure
Couverture rigide
Condition
Ancien

Description

In 4to (mm. 204x143); bella legatura francese (fine XVII-inizio XVIII secolo) in marocchino rosso, piatti entro triplice filettatura dorata, dorso a cinque nervi con ricchi fregi e titolo in oro, risguardi in carta marmorizzata, tagli dorati; cc. [4], 262, [2 bianche]. Segnatura: [π]4 A-Z8 AA-KK8. Carte KK7 e KK8 bianche. Stampato in carattere corsivo su due colonne. Ex-libris di Charles d'Orléans, Abbé de Rothelin (1691-1744), suo ex-libris inciso ed etichetta con numero 486 al contropiatto. Esemplare appartenuto anche a Giuseppe Martini (sua firma a matita al recto del risguardo libero anteriore). Prime carte lievemente brunite, piccola macchia d'umidità nel margine inferiore delle ultime venti carte, ottima copia.
PRIMA EDIZIONE, dedicata da Andrea Calvo a Guillaume du Bellay in data 1 gennaio 1542, del celebre Rifacimento bernesco dell'Orlando innamorato del Boiardo, che modifica profondamente la struttura in ottave dell'originale, aggiungendovi proemi ai canti e vari passi inseriti all'interno del testo che comportano un aumento di circa duecentocinquanta ottave (cfr. H.F. Woodhouse, Language and style in a Renaissance epic: Berni's corrections to Boiardo's Orlando innamorato, London, 1982, pp. 237-238).
L'edizione giuntina del 1541 reca probabilmente una data falsa ed è una riemissione della presente edizione. Una seconda edizione con alcune modifiche testuali apparve a Venezia nel 1545 (cfr. E. Weaver, ‘Riformare' l' “Orlando innamorato”, in: “I libri di Orlando innamorato”, a cura di R. Bruscagli, Modena, 1987, pp. 123-133).
Toscano d'origine e d'inclinazione (nacque infatti a Lamporecchio vicino Pistoia), Francesco ereditò con facilità il patrimonio di una lingua ardita ed evoluta nella maldicenza e nell'impeto verbale. È in sostanza la tradizione quattrocentesca – per fare solo un nome – di Antonio Cammelli detto il Pistoia, che ai primi del nuovo secolo entrò in collisione con l'altra della pasquinata, che Pietro Aretino portava a nuovi fasti proprio in quella Roma medicea, in cui Berni si trovava a sperimentare la giovanile esperienza della cortegiania. In effetti la produzione di Berni fa largo uso della satira di costume, così come della pasquinata e in genere della poesia fondata sull'attacco ad personam, sulla maldicenza e sul vituperio. Una modalità che trova nella Roma dei papi Medici un largo margine di impiego e, soprattutto, riscuote gratificazioni immediate. Il suo culmine è forse il famoso Capitolo di papa Adriano, scritto nel 1522 in occasione della elezione al soglio pontificio dell'olandese Adriano Florensz (Adriano VI), che è probabilmente la più eloquente espressione, oltre che del disagio della cultura italiana verso il nuovo papa, di una poesia in cui la fanno da padroni lo sfogo e l'impeto verbale.
I versi del Berni additavano in sostanza due opposte maniere di fare poesia comica: da una parte la satira, dall'altra la poesia giocosa, quella appunto dei capitoli delle Anguille e dell'Orinale, delle Pesche e dei Cardi, una poesia di “fantasie” che, per detta dello stesso autore, si compone di “inni, laude, salmi et ode”. Nel capitolo di lode paradossale è di fatto, oltre che l'espressione poetica più autentica e originale di Berni, l'invenzione di un genere che avrebbe soppiantato, quanto a successo e domanda del pubblico, ogni altro genere comico, propagandosi a macchia d'olio per tutto il Cinquecento.
Cresciuto in giovinezza in un centro di cultura attiva come Firenze, e trasferitosi poi a Roma nel 1517 sotto la protezione di un letterato-cardinale dalla cultura raffinatissima come Bernardo Dovizi da Bibbiena, Berni scrisse anche carmi latini, fra cui spiccano alcuni del 1524 in occasione di un infelice amore omosessuale, per il quale il biografo Virgili, forzando le sue inclinazioni moralistiche, si lasciò scappare tra le righe che «mai più sozza passione trovò accenti così veri, così profondamente sentiti, così mondi di ogni oscenità in così osceno soggetto, come quelli di cui traboccano questi
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