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Livres anciens et modernes

Giovanni Verga

Mastro don Gesualdo

Rizzoli, 1979

5,00 €

FAHRENHEIT 451 DI SALA MASSIMILIANO

(TROMELLO, Italie)

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Détails

Année
1979
Auteur
Giovanni Verga
Pages
492
Volume
1
Série
Bur Narrativa
Éditeurs
Rizzoli
Jaquette
Non
Etat de conservation
Acceptable
Reliure
Couverture souple
Dédicacée
Non
Print on demand
Non
Condition
Ancien
Premiére Edition
Non

Description

Con "Mastro-don Gesualdo", pubblicato in volume nel 1889 dopo una serie di tormentosi rifacimenti, Verga raggiunge la seconda tappa del progettato ciclo dei "Vinti", allargando la sua indagine a un ambiente socialmente più complesso di quello dei "Malavoglia". Popolato da una folla di personaggi di vario ceto - nobili in decadenza, borghesi aggressivi, preti, contadini, comari - il romanzo dà vita ad un ampio affresco della provincia siciliana dell'Ottocento, proiettato sullo sfondo dei primi conflitti risorgimentali. Ma la prospettiva della narrazione resta immutata. Ciò che determina i rapporti della vita associata è la molla implacabile dell'interesse, una logica utilitaria che vanifica lo slancio autonomo dei sentimenti. Gesualdo è intraprendente, astuto, infaticabile: un prototipo di 'self-made-man', che a forza di lavoro e di sacrifici è salito da umili condizioni al rango di ricco possidente. Ma la spregiudicatezza dell'agire economico si unisce in lui a un rigido tradizionalismo di valori, all'intimo rispetto di radicate convenzioni sociali. Ed è questo l'equivoco in cui si consuma la sua vita. Sposa una donna nobile che non lo ama; dà il suo nome a una figlia non sua che lo disprezza; finisce dimenticato e solo in un estraneo palazzo nobiliare su cui pesano i segni della rovina. Lo smarrimento dei suoi ultimi giorni chiarisce la sconfitta di una strategia di vita volta a conciliare il calcolo e gli affetti. Ma ciò che raggiunge il letoore non è solo l'ovvia (e moralistica) constatazione che la ricchezza non dà felicità. Dietro l'intreccio ben dosato di una trama avvincente si nasconde l'idea della vanità d'ogni progresso, un senso amaro dell'esistere, in cui è la sostanza profonda del realismo verghiano.