Livres anciens et modernes
Aeschines, Demosthenes
Due orationi, l'una di Eschine contra di Tesifonte, l'altra di Demosthene à sua difesa. Di Greco in volgare nuovamente tradotte per un gentilhuomo Firentino.
[eredi di Aldo Manuzio] (in casa de’ figliuoli di Aldo), 1554
1500,00 €
ORSI LIBRI di Federico Orsi Libraio Antiquario
(Milano, Italie)
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Détails
Description
Prima ed unica edizione aldina di questa traduzione in volgare italiano di due orazioni di Eschine e Demostene. L’oratore e politico dell’antica Grecia del periodo classico, di nome Eschine, pronunciò questo duro discorso contro il collega Ctesifonte, criticandolo duramente per aver proposto di premiare l’amico Demostene per i suoi servigi alla città di Atene con una corona d’oro, come d’usanza. Eschine accusò Ctesifonte in quanto questi proponeva che si onorasse un magistrato ancora in carica e, soprattutto, perché la politica di Demostene era stata tutt'altro che buona per Atene. Demostene difese efficacemente Ctesifonte con la sua orazione di risposta, attaccando i sostenitori della pace con la Macedonia, alla quale Demostene era contrario, come avevano già ben dimostrato le sue “Filippiche”, e affermò di non essere pentito per le sue azioni, insistendo sul fatto che l'unico obiettivo della sua politica fosse il prestigio e l'ascesa del proprio paese. Eschine, sebbene avesse addotto obiezioni valide dal punto di vista giuridico, fu sconfitto e costretto all'esilio.
La traduzione è attribuita all’umanista e filologo veneziano Girolamo Ferro, come si apprende dal DBI Treccani, leggendo la biografia del Ferro: “Il F. diede invece buona prova di sé come uomo pubblico, specie col rettorato di Capodistria del 1550-51; giovò al suo prestigio la nomea di persona colta e, in qualche modo, d'autore. Tant'è che l'agostiniano bergamasco Giacomo Alberici l'inserirà nella sua lista di quanti, a Venezia, "hanno dato luce" a qualche scritto, precisando che il F. era stato "eloquentissimo et prestantissimo senatore", che "tradusse cinque orazioni di Demostene e gli officii di Cicerone" e che stampò "altre cose", però "senza porvi il suo nome" … In complesso è proprio l'accenno e del Sansovino e dell'Alberici all'opera di volgarizzatore del F. che permette d'assegnare a questo con sicurezza la paternità, altrimenti ignota, dell'edizione.”
Adams A 259. Renouard 160, 11. EDIT16 CNCE 327