PERIODICOCollezione completa.Esemplare in ottime condizioni di conservazione (si segnala solo, come normale, la presenza dei segni di piegatura centrale dei fogli, con occasionali minime fenditure e con rinforzi in nastro adesivo al fascicolo dell’anno II, n. 4-5-6, pp. 2 e 8; mancanza all’angolo inferiore del piatto anteriore); pecetta dell’abbonato «Sig. Fanelli Vittorio» alla prima pagina di ogni numero.Apparso nell’agosto 1938 (il n 1 reca la data del primo del mese), il bollettino quindicinale che prende il nome dal celebre quartiere fiorentino nasce dalla collaborazione tra l’editore Enrico Vallecchi e due giovani intellettuali militanti in piena ascesa, Vasco Pratolini e Alfonso Gatto. Il primo, curioso tipo di vorace autodidatta, ha appena ventiquattro anni e questa esperienza gli è un vero battesimo di fuoco: ha respirato a pieni polmoni la ‘fiorentinità’ di Ottone Rosai e dei suoi giovani eredi del «Bargello», ma già se ne distacca seguendo Vittorini, Montale e soprattutto Alfonso Gatto, che con «Morto ai paesi», la seconda raccolta di poesie appena pubblicata da Guanda (1937), è diventato un «punto di riferimento e quasi bandiera del rinnovamento della poesia» (Bandinelli, voce de DBI). Vallecchi vuole fare un bollettino editoriale (da cui i numerosi articoli di bibliofilia, biblioteconomia, sociologia della lettura e cultura editoriale, assai interessanti), ma va a finire che Pratolini ci mette una buona dose di irrequietezza militante (proto)antifascista, espressa massimamente nella pungente colonna «Calendario» (dopo appena due numeri prudenzialmente spostata in seconda pagina), e Gatto vi dirotta in pieno il dibattito sull’ermetismo, appena nato: ne esce un foglio effettivamente «d’azione», diffuso a larga tiratura ad un prezzo irrisorio, in cui «il fascismo ufficiale vedeva riapparire, non più sotto forma di grossa costosa rivista trimestrale per iniziati come “Letteratura”, ma quale giornalino da quaranta centesimi ogni quindici giorni, l’europeismo di “Solaria”, che tanto aveva faticato a reprimere» (Jacobbi). Dopo appena una dozzina di densi fascicoli regolari, a partire dal febbraio 1939 le uscite si rarefanno: bisogna aspettare oltre un mese per il numero triplo II,3-4-5 (15 marzo); ancora un mese per il doppio II,7-8 (15 aprile). Gli articoli di fondo denunciano le pressioni subite: «Fine della commedia», «Punti fermi». I numeri 9 e 10 dell’anno secondo escono regolarmente, ma è un fuoco di paglia: la rivista chiude dopo il numero doppio 11-12, nell’agosto, esattamente un anno dopo l’inizio, con un bel «Congedo provvisorio» firmato da Alfonso Gatto che si chiude così: «Ora, forse, è giusto ch’io mi rivolga solo a Pratolini e ricordi la nostra cura, il nostro amore spesi ogni ogni volta a curare e a comporre nota per nota, articolo per articolo, disegno per disegno, pagina a pagina, questo nostro foglio che l’estate tenne a battesimo su una terrazza di Greve. È stato un anno della nostra vita che io e Pratolini, più di tutti, non potremo mai dimenticare». -- Al di là del dato antifascista, «Campo di Marte» fu un momento indispensabile del formarsi della coscienza e del canone letterario italiano del Novecento; un foglio su cui si tracciarono gli alberi genealogici della giovane poesia degli anni ’30, su cui venne fissata per la prima volta con sorprendente chiarezza la linea dei maestri (il «dopo D’Annunzio»: Campana, Palazzeschi, Ungaretti, Montale) e degli allievi (Gatto, Bigongiari, Luzi, Quasimodo, Betocchi, Parronchi), con l’ausilio critico di Carlo Bo, Oreste Macrì ed Enrico Falqui. Da registrare inoltre le rilevanti presenze di Tommaso Landolfi (ben quattro racconti inediti), Gianna Manzini, Leonardi Sinisgalli (a partire dal 1939), le poesie di Sandro Penna, e, più episodici, Antonio Delfini, Romano Bilenchi, Vittorio Sereni. --Tra i collaboratori fissi, meno noti ma assai saporosi sono i nomi di Petroni, Franchi, Ricci, Ulivi, Vigorelli, Ferrata, Hermet, Dal Fabbro (memorabile la miniserie dei «Paragrafi sul tradurre»), Berti, Altichieri, Ferroni, Ghiara, Santi. Una ‘squadra’ in grado di recepire criticamente quanto di meglio andava producendosi in tutto il mondo e a trecentosessanta gradi, con la cronaca d’arte affidata a Giulia Veronesi, quella dell’architettura ad Anna Maria Mazzucchelli, e Ferdinando Ballo sulla musica. Sul lato iconografico il foglio è abbellito da delicate vignette di tono metafisico e novecentista, firmate da Carlo Carrà, Giorgio Morandi, Bruno Becchi, Ottone Rosai, Luigi Broggini, Onofrio Martinelli, Arturo Tosi, Carlo De Roberto, Ugo Capocchini, Giovanni Colacicchi, Domenico Cantatore, Gabriele Mucchi, Renato Guttuso. -- I fragili fascicoli formato giornale di «Campo di Marte» sono oggi molto rari; rarissima la collezione completa.Jacobbi, Campo di Marte trenta anni dopo (Firenze 1969); Luti (cur.), Campo di Marte: ristampa anastatica (Firenze 1981); Grassellini, Campo di Marte (Pisa 1984); scheda CIRCE online (con amplia bibliografia)
Edizione: collezione completa.