In-16° (18x13 cm), pp. XVII, 671, (7), tela editoriale azzura con titoli in nero al dorso, ripetuti alla sovracoperta con ritratto di Lucini con alette paratestuali. Nuova Universale Einaudi, 157. Ottimo esemplare protetto da velina. Edizione parzialmente originale, arricchita dell'inedito 'Nuove Revolverate', rifiutato, nel 1913, dall'editore Nicola di Varese. Introduzione di Corrado Vivanti. 'Pubblicò, nel 1909, le Revolverate, precedute da una Prefazione futurista di F.T. Marinetti, che, oltre a insistere su questo titolo, semanticamente vicino agli obiettivi della sua battaglia (il Lucini avrebbe preferito intitolarle Canzoni amare), volle annettere il L. al suo gruppo, pur riconoscendone le profonde diversità ('il Futurismo, che ama i riverberi delle fornaci, lo reclama. Le nostre affinità sono grandissime. S'egli le nega ha torto: noi abbiamo ragione'). Le Revolverate, di fatto, non rinunciavano all'aggancio con la tradizione, che era quella indicata nell'Ora topica di Carlo Dossi, con particolare riferimento ai motivi pariniani e portiani più sarcastici e demistificanti, ma ne accentuavano la carica sferzante e aggressiva, riprendendo spunti già introdotti in opere precedenti per applicarli a un costume sociale fustigato nelle sue presunzioni boriose e crudeli. Feroce era il procedimento di contraffazione parodica, sul piano di una satira impietosa, che si accaniva su una sfilata di 'tipi' chiamati a esemplificare, fossero essi vittime o carnefici, il marciume di un'intera società: una sfilata di 'ritratti umani' che diventavano 'maschere' deformi e grottesche. Se la Canzone del giovane eroe demoliva le meschine mitologie dell'imperialismo bellico e coloniale, era evidente - su una stessa linea ferocemente parodica - l'aggancio a Parini nella Canzone del giovane signore, mentre la Canzone della cortigianetta denunciava le ipocrite convenzioni dell'amore mercenario. Per Sanguineti - il maggior interprete di Lucini e di fatto il promotore della sua riscoperta - con quest'opera 'il grande alfiere e il praticante principe, da noi, del verso libero', si deve considerare 'il primo dei moderni'; con lui si può 'risentire il gusto, tra l'altro, di che cosa è poesia civile, di che cosa è poesia impegnata, di che cosa è poesia satirica' (in Poesia del Novecento, p. XXXIX). Altri poemetti, rimasti inediti e pubblicati postumi dallo stesso Sanguineti (Revolverate e Nuove Revolverate, Torino 1975), presentano analoghe caratteristiche sul piano tematico e su quello strutturale, con l'utilizzo di un verso libero che rifiuta la facile cantabilità per adottare i toni aspri e sferzanti della satira e della denuncia.' (Giuseppe Zaccaria in D.B.I., 66, 2006). Cfr. Gambetti - Vezzosi, p. 468. Spaducci, p. 165.