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Libros antiguos y modernos

Trivelli, Enrico (Errico)

Lettera filologica del conte Errico Trivelli dedicata all'Illustrissimo, ed Eccellentissimo Signore il signor d. Francesco Caraffa principe di Colobrano

Felice Mosca,

4000,00 €

Pettini Antonio Libreria

(Roma, Italia)

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Detalles

Lugar de impresión
Napoli
Autor
Trivelli, Enrico (Errico)
Editores
Felice Mosca
Materia
filologia retorica poesia trattati vasto abruzzo poeti accademia, accademie arcadia classici testo greco prima e unica edizione, originale only first edition rethorics poetry poets academy, academies classics greek latino letteratura critica letteraria, curiosità
Idiomas
Italiano

Descripción

In -4°, pp. (20), 82, (2). Marocchino, fregi dorati ai piatti e al dorso. Il conte Enrico Trivelli (1709-1737) fu un turbolento intellettuale e poeta napoletano, con ascendenze abruzzesi. La famiglia era di Vasto, ma trasferitasi temporaneamente a Napoli, dove nacque Enrico, che però compì gli studi nella cittadina abruzzese, dove la famiglia era tornata pochi anni dopo la sua nascita. Tornò a Napoli e poi andò a Roma dove, indebitato e in ristrettezze, si impiegò come copista presso la bottega di Martorello e Martino Dominici. Autore di poesia umoristica, satira, pasquinate, dialoghi irriverenti fra cardinali, sonetti contro la Chiesa cattolica e opere politiche. Si attirò il dispetto delle autorità politiche ed ecclesiastiche, compreso Clemente XII, e fu decapitato davanti a Castel Sant’Angelo, “per composizioni di scritture malediche e sediziose contro il Pontefice della Santa Sede”. Questo trattato è l’unico vero e proprio volume pubblicato dal Trivelli, che nello stesso anno aveva pubblicato anche un opuscolo celebrativo proprio di Clemente XII (la “Canzone del conte Errico Trivelli per l’esaltazione di N.S. Papa Clemente XII”, Firenze, 1732, della quale però non si conoscono copie complete): il trattato in sé è un fitto concentrato di erudizione retorica e letteraria, nel quale spicca l’affollamento di riferimenti, di citazioni e di autori rammentati, sia nell’ambito della composizione in volgare (da Dante, Petrarca, Ariosto, a Castiglione, Sannazzaro, Marino “e i suoi poco giudiziosi seguaci”), della critica (Valla, Muratori), degli autori classici (l’elenco dei citati è impressionante considerata la relativa esiguità del testo; numerose le citazioni composte in caratteri greci). Al di là dell’intento esibitorio condotto nel testo dal giovane Trivelli nei confronti del lettore, sono numerosi gli spunti e i dettagli originali, nell’arco del trattato: un esempio su tutti può essere la segnalazione di un’“improprietà” in un componimento del Sannazzaro (“non condonabile” la definisce T.), la seconda egloga, in cui il poeta pecca di superficialità nel tempo della narrazione, visto che la notte subentra al “mezzo giorno”, secondo Trivelli, “in brevissimo spazio di tempo, in cui appena Montano, ed Uranio avevan potuto far un colloquio di pochi versi”: la parte più originale del libro è proprio quella in cui l’autore, ambizioso e “scapestrato” si dedica a criticare speciosamente alcuni passi di autori, senza risparmiare dalla sua lente Ariosto, Tasso, Ovidio e via dicendo. L’urgenza di ottenere riconoscimento è peraltro confermata dalla collezione di testi che fanno da prefazione alla “Lettera” vera e propria, firmati Matteo Egizio (con lettera e replica dell’autore, a sua volta inclusa nel volume), Tommaso Bugassi, Matteo Piccoli Lettor Celestino. Nobile e letterato di area napoletana, il Francesco Caraffa (sc. Carafa) destinatario della “lettera” aveva pubblicato nel ’30 una poderosa raccolta di “Rime varie… Composte nella sua solitaria dimora nel monte Caprario della baronia di Formicola” (Firenze, 1730). Una nota manoscritta al recto del foglio di guardia anteriore recita “Ad usum Friderici Valignani ex dono Authoris…” Valignani (Chieti, 1700 – Torrevecchia Teatina, 1754) era considerato un letterato piuttosto illustre, che ebbe contatti con molti personaggi importanti dell’epoca (uno su tutti il Muratori, citato moltissime volte nella “Lettera” del Trivelli), e nel 1720 aveva fondato la “Colonia Tegea” dell’Arcadia Romana (accademia nella quale era stato accolto anche Trivelli, a Roma, col nome di Idasio Nivalgo. D’interesse la pagina degli imprimatur, che chiude il volume, e comprende la nota di approvazione del Vico. La nota manoscritta che precede il volume prosegue – da altra mano – “Qui Roma ob satyram in Clementem XII Pont: Max severi percussus fuit frustra ante mortem elegenti carmine eniam petente quam tamen assecutus fuerit a clementis principe si ipsa carmina ad aures opportuno tempore pervenissent.” Count Enrico Trivelli (1709-1737) was a turbulent thinker and poet, from Naples but with ancestry from Abruzzo, in Central Italy. In Rome, where he was living in poverty, emploied himself as a copyst in Dominici Brothers’ typography. Humour and satyric writer, he clashed against Vatican, included pope Clemente XII, and he was beheaded in front of Castel Sant’Angelo because of his “seditious” compositions against the Pope. This work is the only real volume ever published by Trivelli: it’s a dense concentrate of rethorics and erudition, with a large number of captions and mentions of authors from Italian, Latin, Greek and classic tradition. Beyond its meaning to exhibit knowledge, the book contains some original thoughts and interesting details. A manuscript note before the title page: “Ad usum Friderici Valignani ex dono Authoris…” Valignani was a well considered literary man with relations with many contemporary important personalities (as the Muratori, for instance). On “imprimatur” page there’s also the authorization to print by Giovan Battista Vico.