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Libros antiguos y modernos

[Peretti, Nada, Sotto Lo Pseudonimo] Fede

L’eredità di Saffo

Bernardo Lux,, 1908

1000,00 €

Pontremoli srl Libreria Antiquaria

(MILANO, Italia)

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Detalles

Año de publicación
1908
Lugar de impresión
Roma,
Autor
[Peretti, Nada, Sotto Lo Pseudonimo] Fede
Páginas
pp. [2] 342 [4], sguardie colorate.
Editores
Bernardo Lux,
Formato
in 16°,
Materia
Narrativa Italiana del '900
Descripción
legatura moderna in mezza pelle rossa con titoli e fregi oro al dorso a quattro nervi, piatti con motivo floreale,

Descripción

LIBRO Prima e unica edizione. Ottimo esemplare in gradevole legatura, conservato a margini interi e fogli diseguali. Parlare vagamente di letteratura erotica per questo romanzo apparso nella Roma di inizio Novecento è quantomeno riduttivo, poiché principale protagonista di questa scandalosa e rarissima opera – con soli quattro esemplari censiti nell’Opac Sbn – è l’ancor più scandaloso omoerotismo femminile, qui rivelato senza risparmiare al lettore frequenti passaggi nei territori della pura perversione e della dannazione. Recentemente riconosciuto dalla ricercatrice inglese Charlotte Ross come uno dei primi esempi – non solo italiani – di scrittura capace di destabilizzare le norme sessuali e di genere (Cfr. «Eccentricity and Sameness. Discourses on Lesbianism and Desire between Women in Italy, 1860s-1930s», Peter Lang, Oxford 2015), «L’eredità di Saffo» si presentò non a caso al pubblico con un doppio mascheramento. Attribuito al frontespizio a “Fede” – nome de plume dietro cui si celava la giornalista e scrittrice marchigiana Nada Peretti -, la paternità di parte del racconto viene tuttavia riconosciuta in una nota introduttiva a un certo “Franz”, presentato come un giovane di appena venticinque anni morto poco prima dell’uscita del libro. Un escamotage letterario intricato dunque, rafforzato dalla prefazione in cui è proprio Franz a spiegare le ragioni di questa indagine nei meandri del desiderio femminile non conforme e in «questa immensurata miseria che è l’esistenza umana», prima di aprire alle due sezioni principali, ovvero «Le Memorie di Fede» e «Il Libro di Franz». Ed è, tanto nei ritratti composti da “Franz” quanto in quelli trasferiti sulla carta da “Fede”, lo stesso gusto sospeso – come già scriveva nel 1982 Claudia Salaris all’interno del numero 5 del “Mensile di cultura e politica” «L’Orsaminore» - tra «il torbido, il demoniaco e il peccaminoso, tipicamente fin de siècle e dannunziano» a dominare l’opera, ponendola in una zona di affascinante ambiguità, dove un argomento assolutamente proibito viene disvelato e presentato al pubblico camuffandolo sotto una coltre di moralità convenzionale. E di ciò s’era ben accorto Gian Pietro Lucini, quando all’interno di una feroce - nonché bigotta - recensione su «La Giovane Italia» del gennaio 1909 scriveva: «Vi si fa della morale: viceversa è un pretesto per sbizzarrirsi su tutte le anormalità hors nature che, in oggi, son ben apprezzate. Toute la lyre in fatto di predilezioni femminili unisessuali: tribadi e fellatrici; sfinctrie ed ambubaje; il femminismo degenerato». A queste parole, la Peretti rispose poco dopo dalle pagine della stessa rivista dichiarandosi «libera, come l’aria, forte come il granito; sfida tutti i convenzionalismi dell’ipocrisia sociale, tutte le insidie, e tutte le invidie; e non teme nulla, né pure la malvagità del suo simile». Ma non mancarono attestati di stima per questo libro stampato dalla romana Bernardo Lux (in prima e unica edizione) e presto colpito da accuse di oscenità. In particolare, fiero difensore di “Fede” e della sua «Eredità di Saffo» fu Giuseppe Vannicola, per altro traduttore, sempre nel 1908, della «Salome» di Wilde per lo stesso Bernardo Lux. Un caso letterario ancora poco noto ma dirompente al tempo, con la vera identità della scrittrice presto svelato, come testimonia un articolo del 15 dicembre 1908 apparso su «Il Teatro Illustrato» in cui, parlando dell’attrice Annetta Peretti, si precisa: «da non confondersi con l’amica Nada Peretti, autrice terribile de L’Eredità di Saffo!». “Anarchica”, secondo la definizione che di sé diede nella replica a Lucini poco sopra citata, la Peretti – fondatrice nel 1905 della «Rivista Marchigiana Illustrata» (poi «Picenum»), di cui fu direttrice dal 1906 al 1922 e autrice, nel 1904, di «Gli scritti letterari di Giuseppe Mazzini» (Roux e Varengo) – fu in seguito crocerossina durante la prima guerra mondiale e poi collaboratrice del «Giornale d’Italia» e del «Popolo d’Italia», assestandosi su posizioni fedelmente fasciste. Morì nel 1927, a cinquantadue anni, nella natia Morrovalle, in provincia di Macerata, chiedendo – come riporta ancora Claudia Salaris nel suo preziosissimo contributo su «L’Orsaminore» - «perdono a Dio dei suoi scritti giovanili peccaminosi. Ricevette “solenni onoranze funebri”, che furono organizzate dalla giunta municipale della sua cittadina. Ironia della sorte, indubbiamente la sua avventura esistenziale sembrò ricalcare un iter molto letterario, degno di un’eroica da romanzo d’appendice, qual era stata Fede: dopo la trasgressione, il pentimento e le opere di bene». Bibl. Salaris, «L’eredità di Saffo. Un caso letterario», in: L’Orsaminore n. 5 (marzo 1982), pp. 28-31.

Edizione: prima e unica edizione.
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