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Libros antiguos y modernos

Commandino Federico

FEDERICI COMMANDINI URBINATIS IN PLANISPHAERIUM Ptolemaei Commentarius, unito con: PTOLEMAEI PLANISPHAERIUM. Iordani Planisphaerium. Federici Commandini Urbinatis in Ptolemaei Planisphaerium Commentarius. In quo universa Scenographices ratio quam brevissime traditur, ac demonstrationibus confirmatur. Venetiis, [Paolo Manuzio], 1558 .

6500,00 €

Editoriale Umbra

(Foligno, Italia)

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Detalles

Autor
Commandino Federico
Materia
Proposte Speciali Eu

Descripción

In 4°, [mm. 208 x 139], cc. 28; (4) – 38. In pergamena molle coeva, con tracce di bindelle ai piatti. Piccola lacuna al bordo inferiore del piatto posteriore. Dorso a cinque nervi con titolo manoscritto verticalmente ed antica collocazione. Mancante dell’ultimo scomparto in alto. Esemplare perfetto, a margini estremamente ampi con solo un leggerissimo alone di umidità all’angolo superiore delle ultime carte. Le due parti dell’opera hanno ciascuna un proprio frontespizio ornato, come le carte finali, dalla marca con il delfino attorcigliato all’ancora ed il motto Aldus. Grandi capilettera figurati e numerosissime incisioni geometriche incise in legno nel testo. Il volume inizia curiosamente con la seconda parte, il commentario, così che la dedica dell’opera al Cardinale Ranuccio Farnese con cui si apre la prima parte, l’edizione di Tolomeo, si trova al centro del volume, segno evidente che per l’antico proprietario erano di maggior importanza i commenti del Commandino. Inutile ricordare che Ranuccio Farnese fu mecenate del Commandino, ed ebbe fra i suoi segretari Giovanni Della Casa ed Annibal Caro, era inoltre fratello di Vittoria Farnese, moglie in seconde nozze di Guidobaldo II della Rovere, duca di Urbino, dunque zio di Francesco Maria II della Rovere, anch’egli mecenate del Commandino. Fra Cinque e Seicento il Ducato di Urbino è sede di una scuola scientifica di importanza europea, una sorta di Umanesimo matematico, come è stato definito, che vede in Federico Commandino uno dei suoi maggiori esponenti, naturale conseguenza degli stimoli che la città aveva saputo dare nella seconda metà del secolo precedente quando Federico da Montefeltro vi aveva portato Luciano Laurana, Francesco di Giorgio Martini, Piero della Francesca. Il Commandino è una delle figure centrali nel processo di diffusione della cultura greca ed orientale che iniziato appunto nel secolo precedente, con il recupero dei testi e la loro traduzione, porrà le basi della per la nascita della scienza così come la intendiamo, nel secolo seguente. La stessa formazione di Federico Commandino, che aveva studiato greco e latino con Giacomo Torelli da Fano, matematica con Gian Pietro de’ Grassi gli fornì le basi che gli permisero di divenire traduttore e commentatore di opere di matematica e geometria antiche. Il de’Grassi lo portò con sé a Roma al seguito del Cardinale Niccolò Ridolfi, bibliofilo, appassionato di matematica e ricercatore di manoscritti, dove entrò in contatto con quell’ambiente di studiosi, ed eruditi che cercavano le opere antiche per recuperarne il sapere disperso durante il medioevo. Divenuto a Roma cameriere segreto del Papa Clemente VII, alla sua morte, andò a Padova dove studiò filosofia e medicina, entrando nel 1546 al servizio di Guidobaldo Della Rovere, duca di Urbino che seguì come medico personale e grazie al quale conobbe il Cardinale Ranuccio Farnese che ne era il cognato, avendone sposato in seconde nozze la sorella Vittoria Farnese, madre di Francesco Maria (1549-1621), cui il libro è dedicato. Nel periodo urbinate la sua attività di traduttore e commentatore raggiunse l’apice nel 1572, tre anni prima della morte, quando tradusse e commentò, su incarico di Francesco Maria II, gli Euclides Elementorum libri X. Morì ad Urbino dove era nato nel 1509. Fra i suoi discepoli urbinati, vanno ricordati Guidobaldo Del Monte che fu in corrispondenza ed amicizia con Galileo Galilei e che divenne anch’egli traduttore e commentatore di opere antiche, Torquato Tasso e naturalmente lo stesso futuro duca Francesco Maria II della Rovere. Questi, alla morte del padre Guidobaldo, appena venticinquenne, gli successe nella reggenza del ducato che tenne fino al 1621 quando lo lasciò al figlio Federico Guidobaldo, avuto in seconde nozze dalla cugina Livia della Rovere. Alla sua improvvisa morte, due anni dopo, Francesco Maria dovette tornare ad assumere le redini del ducato che infine, nel 1625 cedette allo Stato Pontificio ritirandosi a vita privata e allo studio. Nel 1607 Francesco Maria aveva trasferito a Casteldurante, oggi Urbania dove amava ritirarsi, la sua enorme raccolta di libri a stampa – quella dei manoscritti era invece rimasta nella “Libraria vecchia” ad Urbino - che trattavano delle acquisizioni più moderne in ogni scienza ed arte, assieme alle conoscenze degli “antichi”. Nel 1666 Alessandro VII Chigi, anch’egli studioso e bibliofilo decise di trasferire la donazione degli oltre 13.000 volumi che il duca aveva lasciato ai Chierici Minori Regolari del SS.mo Crocefisso, i Caracciolini, di Casteldurante per “benefitio publico”, a Roma, presso il Palazzo della Sapienza, e ora costituiscono uno dei nuclei più importanti della Biblioteca Alessandrina.