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Libros antiguos y modernos

Paolo Del Rosso

Comento sopra la canzone di Guido Cavalcanti. Di f. Paolo del Rosso cavaliere de la religione di S. Gio. Battista & accademico fiorentino.

appresso Bartolomeo Sermartelli,, 1568

1600,00 €

Zanfrognini Antonio Studio Bibliografico

(Modena, Italia)

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Detalles

Año de publicación
1568
Lugar de impresión
In Fiorenza,
Autor
Paolo Del Rosso
Editores
appresso Bartolomeo Sermartelli,
Materia
MISTICISMO AMORE STILNOVO CAVALCANTI FIRENZE PRIME EDIZIONI, RARITA' BIBLIOGRAFICA DONNE

Descripción

In 12°; 167 (ma 157), (1 b.) pp. Legatura seicentesca in piena pergamena semi-floscia parlata al dorso da bella grafia. Un tarletto al margine interno bianco delle prime due carte, ininfluente. Antica nota di possesso settecentesca all'ultima carta “G. Ciaccheri” (forse Giuseppe Ciaccheri). Antica nota ottocentesca al recto della carta di sguardia con la data ed il luogo di acquisto del volume “gno 23 febbr. 1884. Dal Franchi”. Esemplare in ottime condizioni di conservazione. Al frontespizio impresa tipogr. con tartaruga che porta sul dorso una vela con giglio fiorentino e motto 'festina lente'. L'opera si apre con la dedica a Cosimo de Medici. Segue poi, su tre facciate la celeberrima composizione di Guido Cavalcanti “Donna mi prega”. In fine sono presenti le lettere del commentatore ad Alessandro Nasi, G. B. Deti, G. A. Adimari ed il discusso e controverso sonetto di Guido Orlandi 'in nome d'una Donna'. L'opera qui presentata è la prima rara edizione di uno dei commenti più celebri del componimento stilnovista e neoplatonista di Guido Cavalcanti “Donna mi prega”, scritto dal grande letterato e traduttore fiorentino, Paolo Del Rosso (Firenze, 1505 – Firenze, 13 gennaio 1569). "Donna mi prega" di Guido Cavalcanti, è uno dei capolavori poetici del Rinascimento italiano, un componimento che si distingue per la sua profonda riflessione sull'amore e sulla condizione umana. Scritta nel XIII secolo, questa poesia è considerata una dei massimi risultati del movimento stilnovista, per la ricerca di nuove espressioni poetiche atte ad esprimere i complessi sentimenti legati all'amore. Cavalcanti, poeta fiorentino e amico di Dante Alighieri, contribuì in modo significativo a questo movimento, lasciando un'impronta indelebile nella storia della letteratura italiana. "Donna mi prega" è una poesia ricca di significato simbolico tanto da essere stata amata dai neoplatonisti. Il poeta si rivolge a Dio, descrivendo il dialogo tra l'anima e la divinità. Il tema centrale è l'amore, ma non l'amore terreno tra uomo e donna; piuttosto, l'amore spirituale e la ricerca della salvezza dell'anima. Il poeta, attraverso le parole della donna, si pone di fronte alle profondità dell'esistenza umana e cerca di comprendere il significato ultimo dell'amore divino. La donna che prega il poeta è un simbolo dell'anima in cerca di orientamento e salvezza. Il poeta, a sua volta, rappresenta l'uomo in cerca di risposte agli interrogativi fondamentali della vita. La donna si rivolge a Dio con una preghiera, esprimendo il desiderio di raggiungere la salvezza attraverso l'amore divino. Cavalcanti trasmette la tensione tra il divino e l'umano, mettendo in luce la complessità dell'esperienza spirituale. La poesia esprime il desiderio dell'amante di essere guidato dalla sua donna, non solo nell'amore terreno, ma anche verso una comprensione più elevata della realtà. Il neoplatonismo, influenzato dalle idee di Platone, sosteneva che il mondo sensibile riflettesse solo un'ombra dell'assoluto, e che attraverso l'amore e la contemplazione, l'anima potesse elevarsi verso il divino. In "Donna mi prega", l'amore cortese diventa il veicolo attraverso il quale l'anima può aspirare a una connessione più profonda e spirituale. La donna nell'opera rappresenta l'oggetto dell'amore e la guida verso la conoscenza superiore. La lirica riflette la tensione tra la bellezza terrena e la ricerca di un significato più alto, collegando il sentimento amoroso alla filosofia neoplatonica dell'ascensione dell'anima verso la verità eterna. Questa fusione di amore e filosofia caratterizza la poesia di Cavalcanti, evidenziando il suo contributo alla tradizione neoplatonica nel contesto della letteratura italiana. La poesia è scritta in una forma metrica rigorosa, con rime incrociate e una struttura ben definita, tipica dello stile poetico dell'epoca. Questa precisione formale aggiunge una dimensione di bellezza e armonia alla poesia, enfatizzando la serietà del tema trattato. La lingua utilizzata da Cavalcanti è elevata e ricercata, conferendo alla poesia un tono solenne e mistico. Uno degli elementi più affascinanti di "Donna mi prega" è la complessità delle emozioni espresse dal poeta. Da un lato, c'è la tensione e l'angoscia di fronte alle profondità dell'esperienza umana e spirituale; dall'altro, c'è la speranza e la ricerca di una comprensione più profonda del divino. Questa dualità si riflette nelle parole della donna, che esprimono un desiderio di amore e redenzione, ma anche una consapevolezza della fragilità umana. Nell'articolo scritto da Simona Foà dedicato a Paolo Del Rosso nel Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 38 (Treccani 1990) si legge: "In questi anni in Francia un gruppo abbastanza numeroso di Fiorentini, anche in questo caso per la - maggior parte esuli dai tempi di Alessandro de' Medici, aveva formato una colonia piuttosto importante, sia politicamente sia culturalmente. Fra le figure principali di questo gruppo vi erano i due figli di Filippo Strozzi, Piero e Leone, al servizio dei quale si pose il Del Rosso. Leone, che era divenuto nel 1536 capitano delle galee dell'Ordine gerosolimitano di Malta, era passato alla morte del padre al servizio del re di Francia. Non si hanno documenti che attestino la data precisa dell'inizio dei rapporti fra Leone e il D., ma possiamo situarla all'incirca intorno agli anni 1542-43. Al seguito dello Strozzi, il D. divenne cavaliere gerosolimitano e viaggiò, fra gli anni 1546 e 1552, più volte attraverso il Mediterraneo, combattendo anche contro i Turchi. Sono del 1548 un gruppo di lettere conservate presso l'Archivio di Stato di Firenze, scritte a Marsiglia, attraverso le quali viene chiarito in maniera abbastanza precisa il tipo di rapporti che intercorrevano fra il D. e lo Strozzi. In esse il D. nomina quest'ultimo suo "patrono", e per lui si interessa ad una fornitura di armi che sarebbe dovuta giungere da Antonio da Gagliano residente a Lione, a cui sono indirizzate le lettere. Negli anni fra il 1546 e il 1552 interruppe probabilmente l'attività di scrittore, a parte la produzione di alcune poesie occasionali, per dedicarsi ai viaggi ed alle imprese militari al seguito dei cavalieri gerosolimitani: ".essendo stato per Mare per terra più volte per tutta Italia la Francia la Spagna, l'Inghilterra l'Iscozia il Portogallo Costantinopoli, e quasi in tutte le parti d'Oriente, e d'Occidente." ricorda Ilario Zampalochi nella "Lettera consolatoria . mentre si ritrovava in carcere". Fu proprio alla fine di uno di questi viaggi per mare sulle galee degli Strozzi che, a Trapani, fu fatto prigioniero non si sa bene per quale motivo. Rimesso quasi subito in libertà, giunse a Roma nell'anno seguente "per negotij et legationi honorate et importanti alla vostra Religione Hierosolimitana" (ibid.). Cosimo, che lo conosceva come nemico del suo governo e come segretario della famiglia Strozzi, ritenne giunto il momento di farlo prigioniero. Sfruttando la IMG_0359_clipped_rev_1debolezza del papa Giulio III nei suoi confronti, richiese a quest'ultimo la cattura e la consegna nelle mani della giustizia medicea del Del Rosso. Nel luglio 1553 il D. passò da Roma a Firenze e quindi, per alcuni indizi che erano sorti contro di lui riguardo una congiura antimedicea cui avrebbe partecipato, fu condannato a vita a stare rinchiuso nella torre di Pisa. Fino a circa il 1560 dovette patire un regime carcerario piuttosto duro. In seguito, dopo diverse suppliche fatte al duca, poté avere libri e corrispondere con gli amici fuori dal carcere; fino alla fine della detenzione, nel 1566, passò il tempo studiando gli autori toscani e quelli classici. Sempre durante la prigionia scrisse poesie, tradusse i Salmi di Davide, il Trattato dell'anima di Aristotele, e ridusse in terza rima i concetti fondamentali della Fisica di Aristotele. Quest'ultima opera venne pubblicata postuma nel 1578 a Parigi, a cura di lacopo Corbinelli. Dal carcere riuscì comunque a seguire gli avvenimenti più importanti della vita fiorentina, e nel 1564 pubblicò alcuni versi nel volume uscito in occasione, della morte di Michelangelo. Nel gennaio del 1566 venne finalmente liberato per grazia del granduca Cosimo. In questo stesso anno riuscì ad entrare a far parte della più importante e prestigiosa istituzione culturale della città, l'Accademia Fiorentina.”. Prima edizione in ottime condizioni di conservazione. Rif. Bibl.: IT\ICCU\CFIE\000183.