Bulino, firmato e datato in basso al centro: «Antonij Lafreri formis Romæ 1551». Esemplare nel secondo stato di due (cfr. Alberti n. 62, mentre Rubach descrive un solo stato), dove, dopo la parola “formis”, l’iscrizione è stata completata in “Romæ 1551”. Magnifica prova, ricca di toni, impressa su carta vergata coeva con filigrana “scudo con lettera M e stella” (Woodward nn. 313-331), con margini, in ottimo stato di conservazione. Iscrizione nella lapide: D. M. S. / P. VIBI. P. F. MARIANI. E. M. V. PROC / E. T PREASIDI. PROV. SARDINIAE. P. P. BIS / TRIB. COHH. X. PR. XI. VRB. IIII. VIG. PRAFF. LEG./ II. ITAL. P.P. LEG. III. GALL. […] FRVMENT. / ORIVNDO. EX. ITAL. IVL. DERTONA. / PATRI DVLCISSIMO. / ET. REGINIAE. MAXIME. MATRI. / KARISSIMAE. / VIBIA. MARIA. MAXIMA. C. F. FIL. ET. HER. Iscritto in basso al centro: «In uia Cassia; Roma ad tertium lapidem; monumentum marmoreum; huiusmodi forma et ornamentis exesum prope uetustate». [Alla Via Cassia, alla terza lapide da Roma: monumento marmoreo, di questa forma e ornamenti, per la vetustà quasi consumato]. “L’incisione rappresenta il sepolcro di Publio Vibio Mariano che fu eretto verso la seconda metà del III secolo lungo la Via Cassia. A partire dal Medioevo, fu popolarmente ritenuto la tomba di Nerone, la cui popolarità non conobbe flessioni nel corso dei secoli, tanto che è rimasto nella toponomastica odierna per una zona settentrionale della periferia di Roma. Numerosi artisti presero spunto dalla leggenda e, lungo l’arco di due secoli, Seicento e Settecento, rappresentarono il monumento in una serie di tele e di incisioni. Il Lafréry si fece accompagnare dall’epigrafista Pierre Varondel per documentare l’epigrafe del monumento nel marzo del 1548” (cfr. Marigliani, ' Lo splendore di Roma nell’Arte incisoria del Cinquecento). L’opera appartiene allo ' Speculum Romanae Magnificentiae, la prima iconografia della Roma antica. La lastra figura nell'Indice del Lafreri ai nn. 152 e 219, descritta come ' Sepoltura nella via Cassia. Lo ' Speculum ' ebbe origine nelle attività editoriali di Antonio Salamanca e Antonio Lafreri (Lafrery). Durante la loro carriera editoriale romana, i due editori - che hanno lavorato insieme tra il 1553 e il 1563 - hanno avviato la produzione di stampe di architettura, statuaria e vedutistica della città legate alla Roma antica e moderna. Le stampe potevano essere acquistate individualmente da turisti e collezionisti, ma venivano anche acquistate in gruppi più grandi che erano spesso legati insieme in un album. Nel 1573, Lafreri commissionò a questo scopo un frontespizio, dove compare per la prima volta il titolo Speculum Romanae Magnificentiae. Alla morte di Lafreri, due terzi delle lastre di rame esistenti andarono alla famiglia Duchetti (Claudio e Stefano), mentre un altro terzo fu distribuito tra diversi editori. Claudio Duchetti continuò l’attività editoriale, implementando le lastre dello Speculum con copie di quelle “perdute” nella divisione ereditaria, che fece incidere al milanese Amborgio Brambilla. Alla morte di Claudio (1585) le lastre furono cedute – dopo un breve periodo di pubblicazione degli eredi, in particolare nella figura di Giacomo Gherardi - a Giovanni Orlandi, che nel 1614 vendette la sua tipografia al fiammingo Hendrick van Schoel. Stefano Duchetti, al contrario, cedette le proprie matrici all’editore Paolo Graziani, che si associò con Pietro de Nobili; il fondo confluì nella tipografia De Rossi passando per le mani di editori come Marcello Clodio, Claudio Arbotti e Giovan Battista de Cavalleris. Il restante terzo di matrici della divisione Lafreri fu suddiviso e scisso tra diversi editori, in parte anche francesi: curioso vedere come alcune tavole vengano ristampate a Parigi da Francois Jollain alla metà del XVII secolo. Diverso percorso ebbero alcune lastre stampate da Antonio Salamanca nel suo primo periodo; attraverso il figlio Francesco, confluirono nella. Engraving, 1551, signed and dated at lower center: "Antonij Lafreri formis Romæ 1551". Example in the second state of two (cf. Alberti no. 62, while Rubach describes only one state), where, after the word "formis" the inscription has been completed in "Romæ 1551". Magnificent proof, richly toned, printed on contemporary laid paper with watermark "shield with letter M and star" (Woodward nos. 313-331), with margins, in excellent condition. Inscription in the plaque: D. M. S. / P. VIBI. P. F. MARIANI. E. M. V. PROC / E. T PREASIDI. PROV. SARDINIAE. P. P. BIS / TRIB. COHH. X. PR. XI. VRB. IIII. VIG. PRAFF. LEG./ II. ITAL. P.P. LEG. III. GALL. [.] FRVMENT. / ORIVNDO. EX. ITAL. IVL. DERTONA. / PATRI DVLCISSIMO. / ET. REGINIAE. MAXIME. MATRI. / KARISSIMAE. / VIBIA. MARIA. MAXIMA. C. F. FIL. ET. HER. Inscribed in lower center: "In uia Cassia; Roma ad tertium lapidem; monumentum marmoreum; huiusmodi forma et ornamentis exesum prope uetustate." [At the Via Cassia, at the third tombstone from Rome: monumentum marmoreum, of this form and ornaments, by age almost worn out]. “The engraving depicts the tomb of Publius Vibius Marius that was erected in the second half of the 3rd century along the Via Cassia. Beginning in the Middle Ages, it was popularly believed to be the tomb of Nero, whose popularity did not decline over the centuries, so much so that it has remained in today's toponymy for a northern area on the outskirts of Rome. Numerous artists took their cue from the legend and, over the course of two centuries, the seventeenth and eighteenth centuries, depicted the monument in a series of canvases and engravings. Lafréry had the epigraphist Pierre Varondel accompany him to document the monument's epigraph in March 1548” (translation from C. Marigliani, ' Lo splendore di Roma nell’Arte incisoria del Cinquecento). The work belongs to the Speculum Romanae Magnificentiae, the earliest iconography of ancient Rome. The Speculum originated in the publishing activities of Antonio Salamanca and Antonio Lafreri (Lafrery). During their Roman publishing careers, the two editors-who worked together between 1553 and 1563-started the production of prints of architecture, statuary, and city views related to ancient and modern Rome. The prints could be purchased individually by tourists and collectors, but they were also purchased in larger groups that were often bound together in an album. In 1573, Lafreri commissioned a frontispiece for this purpose, where the title Speculum Romanae Magnificentiae appears for the first time. Upon Lafreri's death, two-thirds of the existing copperplates went to the Duchetti family (Claudio and Stefano), while another third was distributed among several publishers. Claudio Duchetti continued the publishing activity, implementing the Speculum plates with copies of those "lost" in the hereditary division, which he had engraved by the Milanese Amborgio Brambilla. Upon Claudio's death (1585) the plates were sold - after a brief period of publication by the heirs, particularly in the figure of Giacomo Gherardi - to Giovanni Orlandi, who in 1614 sold his printing house to the Flemish publisher Hendrick van Schoel. Stefano Duchetti, on the other hand, sold his own plates to the publisher Paolo Graziani, who partnered with Pietro de Nobili; the stock flowed into the De Rossi typography passing through the hands of publishers such as Marcello Clodio, Claudio Arbotti and Giovan Battista de Cavalleris. The remaining third of plates in the Lafreri division was divided and split among different publishers, some of them French: curious to see how some plates were reprinted in Paris by Francois Jollain in the mid-17th century. Different way had some plates printed by Antonio Salamanca in his early period; through his son Francesco, they goes to Nicolas van Aelst's. Other editors who contributed to the Speculum were the brothers Michele and Francesco Tramezzino (authors of numerous plates that flowed in par. Cfr.