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Prints

LAFRERI Antonio

IMP. CAES. LVCIO. SEPTIMIO. M. FIL. SEVE­RO.

1547

900.00 €

Antiquarius Libreria

(Roma, Italy)

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Details

Year of publication
1547
Size
400 X 440
Engravers
LAFRERI Antonio

Description

IMP. CAES. LVCIO. SEPTIMIO. M. FIL. SEVE­RO. PIO. PERTINACI. AVG. PATRI. PATRIAE. PARTHICO. ARABICO. ET. / PARTHICO. ADI­ABENICO. PONTIF. MAXIMO. TRIBVNIC. POTEST. XI IMP. XI. COS. III. PROCOS. ET. / IMP. CAES. M. AVRELIO. L. FIL. ANTONINO. AVG. PIO. FELICI. TRIBVNIC. POTEST. VI. COS. PROCOS. P. P. OPTIMIS. FORTISSIMIS. QVE. PRINCIPIBVS. / OB REM PVBLICAM RESTITVTAM IMPERIVM QVE POPVLI RO­MANI PROPAGATVM / INSIGNIBVS VIRT­VTIBVS EORVM DOMI FORIS QVE S P Q R”. Bulino, 1547, firmato e datato in basso a destra: «ANT[ONIVS] LAFRERI / SEQVANVS EXCVD[EBAT] ROMAE / ? · D · XL · VII ». Esemplare nel primo stato di tre descritto da Rubach, primo di due per Alberti, avanti l’indirizzo di Pietro de Nobili. Secondo Huelsen si tratta di una copia di una stampa pubblicata in precedenza da Antonio Salamanca. Magnifica prova, impressa su carta vergata coeva priva di filigrana, rifilata al rame, con margini coevi aggiunti in basso e in alto, tracce di piega di carta verticale nel lato destro, per il resto in ottimo stato di conservazione. “L’imponente Arco di Settimio Severo, a tre fornici, risale al 203 d.C., come si ricava dall’iscrizione. Realizzato in travertino e mattoni, l’arco è rivestito di marmo ed è ornato da quattro colonne composite. Originariamente sull’attico del monumento campeggiava una quadriga bronzea e gruppi statuari, anch’essi in bronzo. Nel Cinquecento era in parte sepolto, come tramanda Sebastiano Serlio: «Questo arco al presente è sepolto fin sopra i piedistalli, ma fu cavato una parte per misurarlo, ne però si poté misurare la base del piedistallo, per essere sepolta fra molte ruine difficili a muoverle». Stando così le cose, il Serlio non può aver fornito rilievi esatti per questo come per gli altri archi antichi che si trovavano nelle stesse condizioni. Bisogna sottolineare che il Lafréry fu tra i primi ad editare l’Arco di Settimio Severo pochi giorni dopo che era stata sgombrata la parte bassa del monumento, ma si disinteressò delle misure” (cfr. Marigliani, ' Lo splendore di Roma nell’Arte incisoria del Cinquecento). L’opera appartiene allo ' Speculum Romanae Magnificentiae, la prima iconografia della Roma antica. La lastra figura nell'Indice del Lafreri al n. 188, descritta come Arco di Lucio Setti­mio Seuero. Lo ' Speculum ' ebbe origine nelle attività editoriali di Antonio Salamanca e Antonio Lafreri (Lafrery). Durante la loro carriera editoriale romana, i due editori - che hanno lavorato insieme tra il 1553 e il 1563 - hanno avviato la produzione di stampe di architettura, statuaria e vedutistica della città legate alla Roma antica e moderna. Le stampe potevano essere acquistate individualmente da turisti e collezionisti, ma venivano anche acquistate in gruppi più grandi che erano spesso legati insieme in un album. Nel 1573, Lafreri commissionò a questo scopo un frontespizio, dove compare per la prima volta il titolo Speculum Romanae Magnificentiae. Alla morte di Lafreri, due terzi delle lastre di rame esistenti andarono alla famiglia Duchetti (Claudio e Stefano), mentre un altro terzo fu distribuito tra diversi editori. Claudio Duchetti continuò l’attività editoriale, implementando le lastre dello Speculum con copie di quelle “perdute” nella divisione ereditaria, che fece incidere al milanese Amborgio Brambilla. Alla morte di Claudio (1585) le lastre furono cedute – dopo un breve periodo di pubblicazione degli eredi, in particolare nella figura di Giacomo Gherardi - a Giovanni Orlandi, che nel 1614 vendette la sua tipografia al fiammingo Hendrick van Schoel. Stefano Duchetti, al contrario, cedette le proprie matrici all’editore Paolo Graziani, che si associò con Pietro de Nobili; il fondo confluì nella tipografia De Rossi passando per le mani di editori come Marcello Clodio, Claudio Arbotti e Giovan Battista de Cavalleris. Il restante terzo di matrici della divisione Lafreri fu suddiviso e scisso tra diversi editori, in parte anch. IMP. CAES. LVCIO. SEPTIMIO. M. FIL. SEVE­RO. PIO. PERTINACI. AVG. PATRI. PATRIAE. PARTHICO. ARABICO. ET. / PARTHICO. ADI­ABENICO. PONTIF. MAXIMO. TRIBVNIC. POTEST. XI IMP. XI. COS. III. PROCOS. ET. / IMP. CAES. M. AVRELIO. L. FIL. ANTONINO. AVG. PIO. FELICI. TRIBVNIC. POTEST. VI. COS. PROCOS. P. P. OPTIMIS. FORTISSIMIS. QVE. PRINCIPIBVS. / OB REM PVBLICAM RESTITVTAM IMPERIVM QVE POPVLI RO­MANI PROPAGATVM / INSIGNIBVS VIRT­VTIBVS EORVM DOMI FORIS QVE S P Q R. Engraving, 1547, signed and dated lower right: ANT[ONIVS] LAFRERI / SEQVANVS EXCVD[EBAT] ROMAE / ? - D - XL - VII. Example in the first state of three described by Rubach, first of two for Alberti, before Pietro de Nobili's address. According to Huelsen this is a copy of an earlier print published by Antonio Salamanca. Magnificent proof, printed on contemporary laid paper without watermark, trimmed to copperplate, with contemporary margins added at bottom and top, traces of vertical paper crease in right side, otherwise in excellent condition. “The imposing three-arched Arch of Septimius Severus dates from AD 203, as can be seen from the inscription. Made of travertine and brick, the arch is covered with marble and adorned with four composite columns. Originally on the attic of the monument stood a bronze quadriga and statuary groups, also in bronze. In the sixteenth century it was partly buried, as handed down by Sebastiano Serlio: “This arch at the present time is buried up to the top of the pedestals, but a part was hollowed out to measure it, ne however the base of the pedestal could be measured, for being buried among many ruins difficult to move” This being so, Serlio cannot have provided exact measurements for this as for the other ancient arches that were in the same condition. It should be noted that Lafréry was among the first to edit the Arch of Septimius Severus a few days after the lower part of the monument had been cleared, but he was uninterested in the measurements” (translation from C. Marigliani, ' Lo splendore di Roma nell’Arte incisoria del Cinquecento). The work belongs to the Speculum Romanae Magnificentiae, the earliest iconography of ancient Rome. The Speculum originated in the publishing activities of Antonio Salamanca and Antonio Lafreri (Lafrery). During their Roman publishing careers, the two editors-who worked together between 1553 and 1563-started the production of prints of architecture, statuary, and city views related to ancient and modern Rome. The prints could be purchased individually by tourists and collectors, but they were also purchased in larger groups that were often bound together in an album. In 1573, Lafreri commissioned a frontispiece for this purpose, where the title Speculum Romanae Magnificentiae appears for the first time. Upon Lafreri's death, two-thirds of the existing copperplates went to the Duchetti family (Claudio and Stefano), while another third was distributed among several publishers. Claudio Duchetti continued the publishing activity, implementing the Speculum plates with copies of those "lost" in the hereditary division, which he had engraved by the Milanese Amborgio Brambilla. Upon Claudio's death (1585) the plates were sold - after a brief period of publication by the heirs, particularly in the figure of Giacomo Gherardi - to Giovanni Orlandi, who in 1614 sold his printing house to the Flemish publisher Hendrick van Schoel. Stefano Duchetti, on the other hand, sold his own plates to the publisher Paolo Graziani, who partnered with Pietro de Nobili; the stock flowed into the De Rossi typography passing through the hands of publishers such as Marcello Clodio, Claudio Arbotti and Giovan Battista de Cavalleris. The remaining third of plates in the Lafreri division was divided and split among different publishers, some of them French: curious to see how some plates were reprinted in Paris by Francois Jollain in the mid-17th century. Different way had some plates printed by Antonio Salaman. Cfr.
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