Details
Series
Biblioteca del vascello
Keyword
Freud, Sigmund, Teoria psicoanalitica e psicologia freudiana, Biografie: scienziati, tecnologi e medici
State of preservation
New
Description
Questi "Ricordi personali" relativi a Sigmund Freud, scomparsi per oltre un settantennio e recuperati prima da Alan Dundes (2005) e poi da Andrea Huppke e Michael Schröter (2006), assumono un notevole rilievo perché gettano nuova luce sui difficili inizi della psicoanalisi. Stampati dall'editore Edmund Wengraf di Vienna nel 1929 e subito dopo in traduzione inglese a New York, erano tuttavia destinati a essere divulgati solo dopo la morte di Freud, considerata ormai prossima a causa del tumore maligno che lo aveva colpito nel 1923 alla mascella superiore. Questa circostanza, certamente di dubbio gusto, e l'evidente risentimento dell'Autore nei confronti della Clique-Wirtschaft ("consorteria") dei freudiani di Vienna fecero sì che i "Ricordi" suscitassero una grande indignazione e un profondo disgusto all'interno del Geheimrat ("consiglio segreto") della Società. Dalle pagine del libro emerge un ritratto chiaroscurale di Freud, genio e "terribile sadico" assieme, che non poteva essere tollerato dai difensori a oltranza dei meriti assoluti del Maestro, in particolare dal fedelissimo Ernest Jones. Tuttavia è altrettanto evidente il valore di questi "Ricordi" nel tratteggiare un quadro per molti aspetti non usuale e ricco di aneddoti poco noti della nascente psicoanalisi, che fa emergere una relazione intrisa di profondo rispetto e ammirazione, se non di venerazione, per Freud (paragonato addirittura a Bismarck), del quale però non si tacciono taluni lati caratteriali e umani poco gradevoli ("[Freud] ha sempre saputo odiare con molta maggiore forza che non amare"; "Tra le sue più grandi doti intellettuali questo genio contava sulla impagabile capacità di poter dimenticare del tutto gli argomenti spiacevoli"). Tra queste "ombre" Sadger annovera anche il tiepido ebraismo del Maestro, che invece egli tiene a richiamare con forza nella conclusione del libro, citando Rabbi Moses ben Maimon e annoverando Freud nella schiera degli angeli che, nel racconto biblico del sogno di Giacobbe in Genesi 28, 12, salgono e scendono dalla scala celeste per portare pace e felicità agli uomini.