In 4° (cm 17,5 x 24,5), pp 68 numerate, vergate in nitida leggibile grafia, cartonato in carta marmorizzata mod. Volume in buone condizioni, nonostante gora al frontespizio e al margine interno soprattutto delle prime e ultime carte, bruniture, tarletto alle prime tre carte. Arringa dell'avvocato Zorzi rivolta a Sua Eccellenza Angelo Memmo, Contradittor del Consiglio dei Quaranta Civil Novo, in difesa dell'omicida nonchè ladro G. Benigni veneziano, uccisore di certo Tomasetti detto 'Scombretto'. L'Orazione' fu recitata, forse per il tempo indicato da una clessidra, l'8 maggio 1770 davanti alla 'Quarantìa', Corte d'Assise per i delitti più gravi ma non tali da essere avocati al Consiglio dei Dieci, dal nobiluomo Zorzi, che articola il suo faldone in tre parti: un'Introduzione dai toni autobiografici, dove ammette il proprio disappunto per una difesa assunta 'di mal'animo', causa il 'soggetto odioso', ma trasformatasi, dopo più approfondita conoscenza dei fatti e dell'infelice protagonista, in radicata persuasione della venialità delle colpe del reo. La seconda parte costituisce l'arringa vera e propria, mosaico di innumerevoli citazioni latine in rosso, le cui fonti bibliografiche vengono esplicitate nelle 'Annotazioni necessarie alla scorsa Orazione' terza e ultima parte. Nella spensierata Venezia in pieno declino, che sta per riaprire le braccia all'esiliato Casanova, protagonista, quindici anni prima, della clamorosa fuga dai Piombi, l'avvocato Zorzi invita il 'Serenissimo, Sapientissimo, Clementissimo Conseggio' a dar prova di magnanimità verso lo sventurato Benigni, afflitto, da moglie infedele 'fuggita con un prison' durante il suo servizio 'sulle pubbliche navi'; da suocera mezzana; da collega infido, quale lo Scombretto. Non fa meraviglia che, 'vilipesa la moglie', 'battuta la suocera', assassinato lo Scombretto, il 'reo' si ritrovi in un mare di guai, e si assesti il colpo di grazia frequentando farabutti e ladri, espiando poi le malefatte con otto anni di galera. Lo Zorzi precisa che omicidio non è da considerarsi 'dolo' grave, soprattutto in questo caso specifico in cui si configura la 'legittima difesa' dell'uccisore, avendo posto 'il deffonto Scombretto' la mano sulla tasca un istante prima di morire, quasi a volerne estrarre un'arma; Cicerone, Cassiodoro, S. Paolo, Grozio, Claro e altre autorità, suffragano la tesi assolutoria dello Z., difesa legale redatta in linguaggio fiorito e tutto infarcito di dialetto veneziano. Piacevolissimo vivace documento, quasi umoristico, se non si pensasse alla drammatica verità dell'argomento trattato, stemperato dal vivace dialetto.