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Description
In 8, [mm. 197 x 132], pp. (28) – 228 – (4). Il testo è arricchito da varie testate e finali calcografici. In pergamena coeva a cinque piccoli nervi con autore e titolo calligrafati. Tagli spruzzati in rosso e nero. Frontespizio in rosso e nero. Grande capilettera alla dedica con figura allegorica che indica il portico di sant'Ivo alla Sapienza con alle spalle la chiesa del Borromini. L'elenco degli scrittori che hanno raccontato del padre Acquaviva inizia con una testata raffigurante il monogramma di Cristo entro un serto di alloro entro un elemento a volute i cui riccioli sostengono le palme del martirio e che termina con una corona di alloro. Il testo inizia invece con una testata raffigurante un'arca sorretta sulla schiena di due leoni coronato che nelle zampe reggono le palme del martirio. Sopra la cassa è il monogramma di Cristo da cui emanano raggi di luce mentre sulla fronte è raffigurata la scena del martirio. Segue un grande capilettera iniziale calcografico e nel testo ci sono quattro finalini calcografici tre dei con una testina di putto che sporge da due ali che terminano due girali vegetali mentre il quarto raffigura un grande putto alato seduto su rami intrecciati di foglie e gigli, disegnati da Giuseppe Passari ed incisi da Giacomo Freij. Copia in carta forte ad ampi margini con normali infiorescenze. Il gesuita Daniello Bartoli nacque a Ferrara nel 1608 ed entrato nell'ordine, anziché essere inviato nelle Indie dovette insegnare retorica e vestì l'abito nel 1623. Tredici anni dopo divenne sacerdote e grazie alle sue doti di studioso il generale dell'Ordine, lo volle a Roma con l'incarico di storico della Compagnia di Gesù. Il progetto originario doveva occuparsi dei continenti che vedevano la Compagnia di Gesù presente con i propri membri. In realtà l'imponenza della documentazione che aveva a diposizione rese improbo il suo lavoro. Dal 1671 per due anni fu Rettore del Collegio Romano. Morì a Bologna nel 1677.L'opera costituisce il racconto della missione del padre Rodolfo Acquaviva gesuita alla corte del Gram Mogul Akbar il Grande che regnò dal 1555 al 1605: il primo capitolo è dedicato alla descrizione del regno e del sovrano per la cui conversione l'Ordine decise di inviare Rodolfo d'Acquaviva nato nel 1550 da Girolamo Duca di Atri e da Margherita sorella del Cardinale Rodolfo Pii di Carpi. Dopo gli studi Macerata andò a Roma e nel 1568 entrò nei Gesuiti, quando fu deciso di inviarlo alla corte del Mogul passò a Lisbona in Portogallo e il 24 marzo 1578 partì per l'India. Vi giunse sei mesi dopo, in settembre. Giunse alla corte di Akbar nel 1580 e dopo tre anni, senza che avvenisse la conversione dell'imperatore che volle che i rappresentanti delle diverse religioni si confrontassero fra loro, tornò a Goa dove venne nominato superiore della missione di Salsette. Qui il 13 luglio 1583 fu ucciso insieme ad altri quattro confratelli: Alfonsa Paceco, Pietro Berni, Antonio Franceschi e Francesco Aragna. L'opera termina con gli esempi di virtù del padre e dei suoi compagni il cui processo di beatificazione, iniziato nel 1598, terminò solo con leone XIII nel 1893. Giovanni Maria Salvioni dedica la riedizione dell'opera al cardinale Francesco Acquaviva d'Aragona, spiegando che gli era giunta fra le mani una copia della prima edizione romana del 1663 . nell'elenco degli scrittori che trattarono la vita di Padre Rodolfo d'Acquaviva vengono ricordate anche l'edizione milanese del 1664, quella di Roma del 1667 e la bolognese di cinque anni dopo.