Rare and modern books
Roberto Mazzetti
IPOTESI SUI RAPPORTI MARX/PROUDHON
EDIZIONI BETA, 1971
23.39 €
Studio Maglione Maria Luisa
(Napoli, Italy)
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Informazioni bibliografiche
Titolo: Ipotesi sui rapporti Marx-Proudhon
Collana: Volume 4 di Questioni di cultura e società
Autore: Roberto Mazzetti
Editore: Salerno: Edizioni Beta, 1971
Lunghezza: 661 pagine, 21 cm
Soggetti: Anarchia, Anarchismo, Anarchici, Filosofia politica, Marxismo, Filosofia americana, Comune di Parigi, BLANQUI, BAKUNIN, FALSO FRATELLO, LAFARGUE, HEGEL, MARCUSE, HUSSERL, HEIDEGGER, HEGEL, MARX, GALILEO GALILEI, WEBER, COMTE, MONTLY-REVIEW, Fourier, Cultura, Sociologia, Neoidealismo, Giuseppe Lombardo Radice, Gentile, Labriola, Montessori, Psicologia, Bruner, Pedagogia socialista, Owen, Saint-Simon, Fourier, Proudhon, Libri rari, Vintage
Roberto Mazzetti nacque a Roncastaldo, frazione di Loiano, provincia di Bologna, il 6 novembre del 1908 da Luciano e Romana Bacci ed è lì sepolto dal 1981. Frequentò le scuole elementari nel borgo natio distinguendosi come alunno dotato e volonteroso, tale che la maestra suggerì caldamente ai genitori di consentirgli di proseguire gli studi. Fu perciò mandato a Bologna dove, nell'Istituto dei Padri Salesiani frequentò la scuola media, allora chiamata ginnasio, e nel 1928 conseguì l’abilitazione magistrale. Si iscrisse quindi all'Istituto Superiore di Magistero di Firenze. Durante il periodo degli studi universitari ottenne, mediante concorso, l’incarico per l’insegnamento nella scuola elementare di Brescia dove rimase in servizio per due anni. Nell'ultimo anno di insegnamento a Brescia ottenne il comando presso il Magistero di Firenze così che poté frequentare regolarmente le lezioni universitarie, sostenere tutti gli esami e, nel luglio del 1932, laurearsi in Filosofia e Pedagogia con voti 70 / 70 e lode. Nell'anno 1932 - 33 prestò servizio, in qualità di supplente per l’insegnamento di Filosofia e Pedagogia, presso l’Istituto Magistrale “Vittoria Colonna” di Arezzo. Nell'anno 1933 - 34 fu alla Scuola Allievi Ufficiali di Spoleto e nel 1934 - 35 prestò il servizio di prima nomina, come sottotenente di complemento, nell'arma di fanteria a Parma. Durante il servizio militare sostenne l’esame di concorso per l’insegnamento di Lingua e letteratura italiana e Storia per le Scuole Medie Superiori. Vincitore di concorso ottenne la cattedra nell'Istituto Tecnico “Barozzi” di Modena dove si insediò dopo il congedo. Nel 1937 - 38 ottenne il trasferimento presso l’Istituto Tecnico “Piercrescenzi” di Bologna. Vicino al gerarca Giuseppe Bottai, nel dicembre 1940 fu direttore per poco più di un anno della rivista fascista L'Architrave. Nel 1940 fu nominato Provveditore agli Studi per la provincia di Pesaro. Nel 1942 fu trasferito a dirigere l’attività scolastica nella provincia di Modena e nel 1943 fu richiamato alle armi. Dopo un breve periodo fu esonerato e nominato Provveditore agli Studi per la provincia di Trapani, sede che gli fu impossibile raggiungere perché, nel frattempo, la Sicilia occidentale era stata dichiarata zona di guerra. Fu quindi riconfermato nella sede di Modena. Durante il periodo della Repubblica Sociale Italiana fu sospeso dalle sue attività perché si rifiutò di collaborare e di raggiungere Trieste, la nuova sede che gli era stata assegnata. Reintegrato nel suo grado nel 1946, fu Provveditore ancora a Trapani, poi a Reggio Calabria dove rimase fino al 1951. Durante questo periodo fu anche incaricato dell’insegnamento di Pedagogia presso l’Università di Messina. Nel 1952 fu trasferito a Parma e fu provveditore in questa provincia fino al 1956, anno in cui passò al Provveditorato di Cremona. Nel 1957, in seguito alla vittoria conseguita nel concorso per cattedre universitarie, fu nominato professore presso l’Istituto Superiore di Magistero di Salerno. Qui svolse la sua attività, ininterrottamente fino al 1978, quale professore di Pedagogia e di Storia della Pedagogia e tenne per un periodo il Rettorato dell’Università salernitana. In seguito, pur avendo maturato gli anni necessari per il conseguimento della pensione continuò la sua attività come Direttore dell’Istituto di Pedagogia fino al 1981, anno della sua scomparsa. Dal 1961 al 1968 fu inoltre consulente psico-pedagogico per le Scuole dell’Infanzia presso l’Assessorato alla Pubblica Istruzione del Comune di Bologna.
Formatosi inizialmente alla scuola della corrente neo - idealista italiana, Mazzetti trova un valido punto di riferimento in Giuseppe Lombardo Radice, che egli presenta come colui che ha chiarito le istanze costruttrici delle nuova educazione. Successivamente partecipa all'elaborazione della Carta della Scuola del Ministro Bottai, con cui si cerca di riformare l’istruzione pubblica in Italia. Già da allora Mazzetti evidenzia la necessità di porre l’attivismo pedagogico al centro dei suoi interessi. Si intende per attivismo pedagogico quando si pone il soggetto da educare al centro del progetto educativo. Viva esigenza presente in questo periodo da parte del nostro autore è la necessità di far convivere una visione di umanesimo teorico - culturale con l’umanesimo del lavoro per contenere forme di eccessiva astrazione della filosofia educativa neo idealista. Questa prospettiva di vedere la scuola come una palestra di vita porta Mazzetti, già dal 1942, a studiare con partecipazione e adesione l’opera di Maria Montessori, da lui considerata la voce più universale della pedagogia italiana. Giunto alla cattedra universitaria, dopo quindici anni di sforzi volti alla intelligente sperimentazione in qualità di Provveditore agli Studi, contribuisce validamente al progresso degli studi pedagogici nella cultura italiana con una notevole produzione di scritti di risonanza nazionale. Mazzetti attraversa quasi mezzo secolo di esperienze storiche, sociali e culturali della vita italiana, che passano attraverso il fascismo, la guerra, il dopoguerra e il nostro tempo, maturando una visione di radicale problematicità della conoscenza umana, che vede nell'educazione lo strumento più idoneo per rendere l’uomo, pur in una situazione così umanamente disorientante, più creativo e più morale possibile. Il suo pensiero pedagogico attraversa diverse fasi: dagli anni ’30 alla fine degli anni 40; Mazzetti, mediando Gentile e Labriola, Lombardo Radice e l’attivismo pedagogico, contribuisce in maniera innovativa al discorso sulla scuola, maturando prospettive quali l’umanesimo della cultura del lavoro, la pedagogia del lavoro, la scuola vista dagli scolari; dalla fine della II guerra mondiale al ’66; il Mazzetti cerca di operare una sintesi tra le posizioni di Lombardo Radice, quella dell’attivismo e quelle della Montessori, che gli fornisce la legittimazione teorica dell’idea del fanciullo come padre dell’uomo, tematica che affronta il problema della gioventù nell'educazione nel diritto, sviluppata già in uno scritto del 1951. In questo stesso periodo per cercare le radici della scuola democratica e della pedagogia del lavoro, Mazzetti inizia una ricerca sulla pedagogia socialista che porta da Owen a Saint - Simon, da Fourier a Proudhon; dal 1967 al 1970 si colloca una fase di passaggio e di transizione critica e di rilettura del passato, che vede da una parte un’analisi della dimensione rivoluzionaria del discorso pedagogico di Don Lorenzo Milani nelle sue luci e nelle sue ombre e dall'altra l’inserimento nella cultura pedagogica italiana del pensiero del pedagogista - psicologo Jerome Bruner, che pone l’accento sul primato del pensare sul fare e sulla prima e seconda infanzia come momenti cruciali della crescita umana cognitiva ed affettiva; l’ultimo periodo del pensiero di Mazzetti inizia già dal 1968 e arriva alla fine degli anni ’70; allora, contestando la visione del mondo nata nel 1968, esamina le ragioni e l’ideologia della contestazione globale, finendo per sposare, in maniera contrapposta alle idee dominanti, le scelte etico - politico - pedagogiche del socialismo utopistico contro il marxismo. Il suo pensiero molto spesso contro corrente lo porta, in un’epoca in cui si butta volentieri alle ortiche il passato, a farsi paladino della tradizione da lui difesa come l’autentica matrice da cui deve partire un discorso socio - educativo veramente innovatore. Da qui la sua strenua difesa della famiglia come soggetto educativo difficilmente eludibile.