Quattro numeri, a fogli sciolti piegati a metà (cm 48,5 x 32,5), pp. 8, 10, 8 , 10, 8 e 8. Disponiamo dei numeri- (1954, Anno 1, numero 1, 4, 7), - (1955, N°-10). Responsabile Enrico Vallecchi; scritti inediti di Alessandro Parronchi, Carlo Betocchi, Giorgio Caproni, Mario Luzi, Cesare Brandi, Michele Pierri, Elio Bartolini, Giuseppe Donnini, Antonio Delfini, Luigi Santucci, Giuseppe Lisi, Antonio Manfredi, Pier Paolo Pasolini, Guido Favati, Vasco Pratolini, Angelo Romanò, Giorgio Orelli, Giacinto Spagnoletti, Domenico Rea, Carlo Montella, Tommaso Landolfi, Carlo Bo, Mario Tobino, Carlo Cassola, Oreste Macrì. Forti tracce di polvere alla prima pagina di ciascun fascicolo, con anche piccole abrasioni in corrispondenza delle pieghe che dividono a metà la rivista orizzontalmente, con minime perdite; altre tracce del tempo, ma insieme discreto e completamente fruibile. Scriveva Gianni Scalia in 'Officina' (n.2 - luglio 1955), proprio riguardo questo primo periodo della rivista fiorentina: 'Un clima di rarefatto pensiero o di gusto empirico, affidato soltanto alle proposizioni e operazioni letterarie, alle proposte di un testo, sembra costituire l'essenza della rivista. Si tratta di un rifiuto delle premesse, di una fiducia nella spontaneità creativa di alcuni scrittori, fuori della loro immagine pubblica, polemica o storica, in un confronto con i loro testi più «inediti» e con le loro intime facoltà di invenzione poetica.' In questo modo, continua Scalia, la rivista 'si avvicina alle forme di una «religione» deguisée, di una fede nella spontaneità, nella naturalezza della «verità», priva di contatti e di confronti aperti con le realtà storiche e sociali (.)' che non 'nasconde (.) una passione e una volontà di postrema eredità ermetica, di educazione sentimentale dolcemente e intensamente interiore, inquieta tra mitologismo e estetismo ideologico, dove le intenzioni di purezza si alleano alla incapacità di scoprire la propria liberazione culturale.' E conclude: 'L'incapacità di previsione (o di rischio) che è inerente al lavoro critico e ad una letteratura che voglia essere attiva e presente, la volontà di una tautologia scoperta nell'affermazione di Luzi che «la realtà si spiega solo con sé stessa» in un senso di pericoloso «immanentismo» mistico, rifiutante una concezione realmente scientifica e razionale della realtà: sono gli aspetti significanti di un lavoro ancora fondato su un’esigenza di assoluta «autonomia dell’arte».'