Details
Author
Rognoni, Angelo (Illustrazioni Di Bruno Munari)
Pages
pp. 42 [2], 2 carte patinate fuori testo con fotoriproduzioni in bianco e nero di due bozzetti delle scenografie di Munari.
Series
[in copertina:] collana «Teatro»,
Publishers
Edizioni S.U.P.E.R. (Stamperia Universitaria Pavese Edizioni, Ristampe),
Binding description
doppio punto metallico, brossura arancio stampata in verde ai piatti (sottile dorso muto),
Description
LIBROPrima edizione.Straordinario esemplare completo delle pagine 41-42, contenenti i «Giudizi della stampa sul “Dottor Mattia”»; queste pagine furono rimosse dall’autore stesso nella maggior parte delle copie, al punto che è questa la prima volta che ci capita di registrare un esemplare completo: Cammarota registra 40 pagine. In ottime condizioni di conservazione.La commedia aveva esordito domenica 10 maggio 1931 nella messinscena curata dalla compagnia Teatro Nuovo fondata e diretta da Ettore Gian Ferrari, con le scenografie disegnate da Bruno Munari: «Gian Ferrari formò una compagnia composta da attori esordienti, appena diplomati all’Accademia d’arte drammatica, tra i quali I. Miranda e M. Merlini. Il teatro fu inaugurato da F.T. Marinetti, che vide nell’iniziativa del una possibilità di svecchiamento della produzione teatrale milanese e un originale coinvolgimento delle arti figurative in ambito scenografico. La stagione venne inaugurata con il dramma “Bufere” di G. Lopez, cui seguì, il 10 maggio 1931, “Il dottor Mattia”, di A. Rognoni, con scene originali su bozzetti del giovane B. Munari. Nel novembre dello stesso anno, dopo aver messo in scena il dramma “Pensione di cuori” di A. Pisana, Gian Ferrari lasciò la direzione per gravi problemi finanziari; la compagnia si trasferì a Bergamo» (Paola Campiglio, voce DBI vol. 54, 2000). -- Il regista abbandonerà il teatro nel 1936 per fondare l’omonima e influente galleria d’arte, mentre Rognoni si risolverà a pubblicare «Il dottor Mattia» solo al principio degli anni quaranta, in un momento in cui riprendeva in mano tutta la sua produzione drammatica (cfr. «51 sintesi teatrali futuriste», 1943) anche in vista di nuove rappresentazioni, poi fermate dal dilagare della guerra (cfr. P. Ferrara, «Censura teatrale e fascismo», p. 711). Fino a prova contraria è uno “pseudobiblon” l’edizione «s. d. [1931 ca.]» registrata per la prima volta nel «Futurismo pavese» e di lì riproposta da Salaris e Cammarota nelle loro bibliografie: l’unica edizione reperita è questa del 1942, impreziosita dalla riproduzione in bianco e nero di due dei bozzetti scenici di Bruno Munari.Bossaglia e Zatti, Futurismo pavese (1983), p. 28; Cammarota, Futurismo, n. 406.7