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Place of printing
In Torino
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appresso Beltramo Antonio (Soffietti)
Description
In-12°, pp. 467, al frontespizio piacevole xilografia raffigurante una figura cinese, una tavola più volte ripiegata f. t. in xilografia, incisa su entrambe le facciate, raffigurante l'apparecchiatura della tavola con i coperti e i menù, legatura in piena pelle dell'epoca, titolo su tassello e fregi in oro al dorso. Dall'avvertimento dell'autore «a' leggitori»: «Si sono stampati diversi libri sopra la cucina, o sia arte del preparare gli alimenti, ma sembra che i loro autori facendo poco conto della sanità degli uomini, si siano soltanto dati a lusingare i loro sensi: e quest'arte distruggitrice è il frutto dannoso di un lusso sfrenato…(invece) la cucina non è altro che l'arte di impiegare le produzioni della natura, per prepararne un nutrimento sano, e piacevole all'uomo…Ho procurato di schivare la grande spesa, e di adattarmi ad un metodo semplice e proprio, lasciando in disparte ciò, che pareva fatto solamente per le cucine de' più opulenti; se il gusto vi perde alcuna cosa, la sanità all'incontro ne riceverà un notabile giovamento.' In ultimo rimarca che 'questo libro non esce da un Accademia, ma bensì da una cucina; non propongo regole di bene dire , ma di ben condire. Vivete felici'. Scritto da un anonimo cuoco, piemontese d'origine, ma con anni di scuola e di pratica nella capitale francese, il libro è una pietra miliare per lo studio della storia dell'arte culinaria italiana e dei cambiamenti che, tra il XVI e il XVIII secolo, l'hanno segnata. Il curatore parla di rivoluzione culinaria, forse non per i contenuti, in gran parte importati da Oltralpe, ma per la capacità dell'anonimo cuoco di armonizzarli con gli usi della sua terra d'origine, con le materie prime che questa poteva mettergli a disposizione e con quei gusti e quelle abitudini alimentari cui i suoi compatrioti proprio non avrebbero saputo rinunciare. Sostituì, dove possibile, gli ingredienti originali con altri, facili da reperire e adatti al gusto piemontese: il vino bianco rimpiazzò lo champagne, le varietà di cipolle d'Ivrea e i cardi di Chieri furono prediletti, i tartufi neri del Périgord vennero accantonati a favore dei nostrani tartufi bianchi. Fu soprattutto l' attenzione posta sui prodotti regionali a fare la differenza, segnando una sorta di pietra miliare nella storia della gastronomia piemontese e italiana in generale. L'accento sui particolarismi locali era una novità, e si può azzardare a dire che l'anonimo cuoco fu quasi un precursore dei moderni movimenti legati alla filiera corta Di questo testo esistono numerose edizioni dopo la prima del 1766. Il Mussa nell'introduzione a 'Le livre précieux' segnala tre edizioni torinesi 1766, 1775, 1784 per cui questa dovrebbe essere la terza torinese. Vicaire, Bibliographie gastronomique, 899. Westbury, pp. 69-70.