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Rare and modern books

Carlo De' Dottori

ARISTODEMO, A CURA DI LUIGI FASSÒ

GIULIO EINAUDI, 1976

8.99 € 9.99 €

Studio Maglione Maria Luisa

(Napoli, Italy)

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Details

Year of publication
1976
ISBN
9788806456177
Place of printing
TORINO
Author
Carlo De' Dottori
Volume
1
Series
Volume 26 di Classici Ricciardi
Publishers
GIULIO EINAUDI
Size
18 CM
Keyword
Letteratura teatrale, Drammaturgia, Classici
Binding description
BROSSURA
Dust jacket
No
State of preservation
As New
Languages
Italian
Binding
Softcover
First edition
Yes

Description

DISPONIBILITÀ GARANTITA AL 99%; SPEDIZIONE ENTRO 12 ORE DALL'ORDINE. RIMANENZA DI MAGAZZINO PARI AL NUOVO.

Aristodemo è una tragedia in cinque atti scritta da Carlo de' Dottori nel 1657 e pubblicata nel 1670.

Informazioni bibliografiche
Titolo: Aristodemo
Collana: Volume 26 di Classici Ricciardi. Teatro del seicento
Autore: Carlo De' Dottori
Curatore: Luigi Fassò
Editore: Torino; Einaudi, 1976
ISBN: 8806456172, 9788806456177
Lunghezza: 103 pagine; 19 cm
Soggetti: Letteratura teatrale, Drammaturgia, Opere, '600, Letteratura Italiana, Tragedie, Parnaso, Critica Letteraria, Librettisti L'asino, Seneca, Pausania, Messenia, Sparta, teatro classico

Carlo de' Dottori (Padova, 9 ottobre 1618 – Padova, 23 luglio 1686) è stato un letterato, drammaturgo e librettista italiano, poligrafo, fu autore di opere varie fra cui rime di tono classicheggiante e rime di tono satirico e burlesco, poemetti satirici, melodrammi, un romanzo; ricordato soprattutto per il poema eroicomico L'asino e per la tragedia Aristodemo, modellata sulle tragedie di Seneca.

Aristodemo, re di Itome, città della Messenia in guerra con Sparta, ha appreso da un oracolo che potrà conseguire e conservare il regno se sarà sacrificata agli dei una vergine del suo sangue. Le possibili vittime sono due: Arena, figlia di Licisco (parente del re), e la stessa figlia del re, Merope. Il sorteggio ha designato come vittima Arena. Tuttavia Licisco, per salvarla, afferma che Arena non è sua figlia, e la fa fuggire. Aristodemo decide allora di sacrificare la propria figlia invece della fuggitiva, sordo agli interventi della regina Amfia, madre di Merope, della nutrice e del promesso sposo Policare, i quali insistono tutti sulle ragioni della vita e sulla legge dell'amore. Merope si prepara alla morte accettandola al pensiero della salvezza della patria e di Policare, l'uomo che ama, e immaginando, con disposizione profondamente religiosa ed eroica, che il suo sacrificio debba avvenire nel corso di un rito alla presenza del popolo ammirato. La madre Amfia e il promesso sposo Policare, per salvarla, affermano che il suo sacrificio sarebbe inutile perché Merope non è più vergine: avrebbe sposato segretamente Policare e sarebbe già incinta. Aristodemo allora entra sacrilegamente nella sala dove è custodita Merope, la trafigge con le proprie mani. Nell'opera la morte di Merope è rievocata dalla nutrice che narra come Aristodemo « E trafisse la vergine innocente, Che generata avea. L’anima bella, Osservando l'inditto Silenzio, non si dolse. Con un gemito sol rispose all'empio Fremer del padre; e i moribondi lumi. In lui rivolti, ed osservato quale Il sacerdote inaspettato fosse, Con la tenera man coprissi il volto
Per non vederlo; e giacque. »


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